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Barsotti: poeti, cercate il miracolo
 Morto due anni fa, don Divo nel libro di interviste curato da Andrea Fagioli parla dell’amore, del male, della fede, della pace...
 DI ANDREA FAGIOLI


 Don Barsotti, cos’ha rappre­sentato, per lei, la poesia?
 «La poesia dice la gratuità del­la vita, dice che tutto è miracolo, tut­to veramente è qualcosa che tu non puoi dominare. Tu sei dominato: do­minato dalle cose, dalla bellezza, dai fatti. Se vivi questa tua dipendenza nell’angoscia, anche questa può es­sere trasferita nella poesia, ma è so­prattutto nella meraviglia, nello stu­pore che senti che il mondo è più grande di te».

  Quanto è importante la poesia?
 «Molto. È importante per l’umanità di oggi riscoprire il sacro attraverso la poesia, magari la poesia di chi è an­che anticristiano, ma sente la bellez­za dell’amore, di chi magari rifiuta il Cristo, non perché ci sia da parte sua un rifiuto cosciente, ma perché non lo conosce, perché gli è stato presen­tato male e sente inve­ce pulsare la vita di questo universo».
 Che rapporto c’è, a suo giudizio, tra letteratu­ra e religione?
 «È una cosa notevole riconoscere come la re­ligione sia sempre le­gata a un fenomeno letterario. Culto e libri sacri sono due elemen­ti di una medesima vita religiosa. Sempre, per ogni popolo, per ogni ci­viltà, non si ha religione, si direbbe, che non si esprima attraverso l’arte e non abbia nell’arte, in particolare nell’arte letteraria, la sua testimo­nianza più alta».
 Però i poeti, i letterati non sempre sono stati e sono in sintonia con il cristianesimo.
 «I poeti hanno sentito quasi univer­salmente nel cristianesimo un nemi­co, così nell’antichità pagana. I cri­stiani d’altra parte avvertivano un nemico nella poesia. Non solo anti­camente, anche oggi: Carducci, D’Annunzio, Foscolo, Leopardi..., tutti i più grandi poeti moderni, e non soltanto italiani, hanno dichia­rato una loro opposizione al cristia­nesimo, e proprio, sembra, in forza del loro sentimento religioso, quasi che il cristianesimo non solo dovesse inaridire la poesia, ma anche la vita religiosa. Infatti, il cristianesimo uc­cide il mito. Al contrario, l’espressio­ne propria della poesia sembra esse­re il mito e rimane maggiormente fe­dele al senso del mistero in un lin­guaggio che tanto più è poetico quanto meno sembra definito con­cettualmente. La poesia dice più l’at­tesa che la rivelazione, il presenti­mento più che la presenza».
 E i poeti cristiani?
 «Anche i poeti cristiani, quando pas­sano da un’espressione religiosa vaga a un’espressione concreta, cadono fa­cilmente (non dico inevitabilmente) nel didascalico, nell’oratorio. E la loro poesia, se anche non viene meno del tutto, diviene tuttavia meno pura e meno alta. Se tuttavia la poesia, che è espressione di vita religiosa, è spesso in opposizione al Dio rivelato, al Dio della rivelazione ebraica e cristiana, dobbiamo renderci conto che non è precisamente contro Dio come tale, ma contro un Dio socializ­zato, contro un Dio che la cri­stianità ha ridotto a un idolo va­no, ha preteso di ridurre a sua immagine e somiglianza. In questo caso l’opposizione al cri­stianesimo può divenire un ri­chiamo di mag­giore fedeltà a Dio per i cristiani ed essere in sé una lotta per Iddio contro coloro che invece di render­gli testimonianza lo tradiscono. Il mistero divino fintanto che rimane arcano, che rimane come velato, che rimane come atteso, ha ben altra di­mensione per l’anima del poeta che il Dio dei cristiani così come molto spesso il poeta lo cono­sce. Per esser poeta cristiano bi­sognerebbe che la vita religiosa del poeta fosse immensamente alta perché questa reazione alla visione di Dio non fosse l’e­spressione di una conoscenza di un Dio fatto a immagine e somi­glianza dell’uomo, di un Dio profanato, socializzato, ridotto alla misura di un idolo».
  Per essere poeti cristiani bisogna dunque essere dei santi, dei grandis­simi santi?
 «Certo che i poeti più grandi del cri­stianesimo sono santi: sant’Efrem, Romano il Melode, san Giovanni di Damasco, san Gregorio di Narek e, più vicini a noi, Francesco d’Assisi, san Giovanni della Croce, il Beato Ja­copone. Tuttavia è anche il senso del peccato che fa il cristiano. Non sono soltanto i santi, i poeti cristiani, sono anche i peccatori che implorano il perdono, che provano le vertigini della propria miseria e della grandez­za di Dio: Dante, Petrarca, Michelan­gelo, Racine, i poeti metafisici inglesi e, più vicini a noi, Péguy, Claudel, E­liot… E tuttavia sono sempre pochis­simi. Il senso del mistero così vivo di fronte all’universo può esser perduto dal poeta che canta un Dio che è en­trato nel tessuto della storia umana e si è fatto uomo: il mistero dell’umiltà di Dio può divenire puro insegna­mento didascalico, può compromet­­tere, nel poeta che non abbia un sen­so religioso profondo, la stessa rivela­zione divina, può ridurre Dio alle di­mensioni di una verità concettuale, di una realtà contingente».

IL LIBRO
 Il cercatore di Dio
 Pubblichiamo un’anticipazione dal libro, in uscita il 20 ottobre, « Don Divo Barsotti, il cercatore di Dio.  Dieci anni di interviste » , introduzione e cura di Andrea Fagioli, con la collaborazione della Comunità dei Figli di Dio, e la presentazione del cardinale Camillo Ruini ( Società Editrice Fiorentina, pagine 166, euro 12,00). Scrive Ruini: « Don Divo Barsotti è stato un cercatore di Dio, uno di quelli autentici, di quelli di fronte ai quali non si poteva che esclamare ' Questo è un prete che ci crede davvero!'. ' Cerco Dio solo': tre parole, l’impegno di una vita. Quello che assumono i consacrati della sua Comunità, la ' Comunità dei figli di Dio', al momento della consacrazione e che ha dato il titolo a un volume con il quale la Comunità celebrò gli ottant’anni del fondatore » . Don Divo Barsotti era nato il 25 aprile 1914 a Palaia ( Pisa) ed è morto il 15 febbraio 2006 nella « sua » Casa San Sergio, a Settignano ( Firenze). Nel libro, interviste a tutto campo sui grandi temi della fede.

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