panor ridotta
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Carissimi fratelli e sorelle, della mia comunità parrocchiale e non,

anche oggi voglio condividere con voi una riflessione sulla pagina di vangelo domenicale, non perché come parroco debba dirvi per forza qualcosa, ma perché condividiamo la stessa sete della parola di Dio e spero anche il desiderio di mettere in comune quello che l’ascolto suscita in noi, per diventare gli uni per gli altri “sorgente d’acqua che zampilla”.
Dopo le domeniche della prova e della trasfigurazione, queste altre tre dell’anno liturgico ‘a’ ci mettono in contatto con l’uso antico di preparare i candidati al battesimo con la proclamazione di brani del Vangelo di Giovanni, che dovrebbero rafforzare in noi la consapevolezza di essere chiamati a vivere con gioia e impegno la vita battesimale, la vita nello Spirito.
A differenza delle altre redazioni del Vangelo, quella delle comunità evangelizzate da Giovanni offre la persona, la vita, il messaggio e l’opera di Gesù già nella forma di un itinerario che porta ad assimilare la vita nuova o vita nello Spirito, che viene da Dio, attraverso dei passaggi che da una parte portano alla comprensione di segni e opere e dall’altra all’assimilazione di quello che Gesù è e fa, e che fa vivere i discepoli da rigenerati, da illuminati, da vivificati per sempre quando arrivano a vivere il comandamento nuovo: amatevi come io ho amato voi.
Una modalità narrativa che colpisce nella redazione del Vangelo di Giovanni è appunto quella di presentare questi passaggi alla vita nello Spirito nella forma di “incontri personali” con il Signore Gesù, laddove spesso l’interlocutore è un personaggio simbolico, figura del discepolo che percorre l’itinerario, che si apre alla conoscenza/esperienza di quanto Gesù rivela di sé e che contiene i semi del non vivere più come prima (conversione) e del vivere lo stile del maestro (trasfigurazione). Approcciando alla lettura dell’incontro con la samaritana mi verrebbe subito da dire che un grosso problema della chiesa oggi è quello di aver cercato di riempire la brocca della ricerca di fede delle persone (noi compresi) di sacramenti, di dottrine, di catechesi, di insegnamenti morali… senza far nascere il desiderio dell’incontro personale con il Cristo, il solo che cambia l’esistenza. Parafrasando l’osservazione emersa nell’evento delle nozze di Cana, si potrebbe affermare che anche per noi che viviamo dall’interno l’appartenenza alla comunità parrocchiale il problema non è “non avere più vino”, ma “non avere più sete”…, e di conseguenza non sapere accendere la sete, il desiderio dell’incontro personale con Cristo, nelle persone che vengono anche solo per qualche occasione a dissetarsi al nostro stesso pozzo.
Consapevole che un brano di Vangelo non possa essere approfondito adeguatamente in così poche righe, mi limito a soffermarmi su qualche altro aspetto che mi piace sottolineare.
Colpisce che per un incontro con Gesù che offre rivelazioni così profonde, l’interlocutore scelto sia una donna (i maestri ebrei non parlavano mai con le donne in pubblico), e anche una donna eretica (samaritana) e forse persino idolatra (laddove i 5 mariti si leggano come un riferimento ai 5 monti vicini al monte Garizim, sui quali gli stranieri avevano edificato templi ai loro dei)… Proprio a lei Gesù esprime la sua sete di acqua di sorgente e non di pozzo (sia pure quello di Giacobbe)… proprio lei riceve il dono di aver sete di quella
stessa acqua viva (può quindi abbandonare la brocca)… proprio lei fa esperienza di divenire sorgente zampillante appassionando i suoi paesani all’incontro con Gesù… Proprio lei… non una frequentatrice assidua del culto, non un’appartenente alla crema della comunità, non una catechista con mandato… E proprio lei, alla fine, viene messa da parte dai suoi paesani che credono in Gesù non più per la parola della donna, ma perché anche essi hanno udito e fatto esperienza personalmente…
Cari fratelli e sorelle, spero di non urtare la sensibilità di nessuno, ma noto nella nostra comunità il pericolo della malattia del protagonismo… quando non ci si avvicenda nei ruoli di responsabilità, quando si vuole stare sempre al centro della scena, quando ci si vanta della propria brocca piena di ‘acqua di pozzo’ (nozioni, competenze, esperienze), quando in certi ambiti ci si riduce ad essere sempre i soliti…
La vitalità di una parrocchia dipende molto proprio dall’indirizzare gli assetati non alla propria brocca, ma alla sorgente!
L’impossibilità dell’acqua del pozzo di Giacobbe di dissetare quanti hanno sete di acqua di sorgente e la conseguente inutilità della brocca fanno da contorno ad un’altra dirompente provocazione di Gesù: “è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre... i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Il Vangelo di Giovanni ci introduce passo dopo passo a quel momento straordinario, “l’ora”, in cui ci verrà rivelato cosa significa “adorare in spirito e verità”, quando Gesù venuta l’ora di amarci fino in fondo darà la vita per noi, donandoci così lo Spirito, il principio vitale che assimila a Dio. Né spiritualismo, né dogmatismo… e neanche una religiosità basata su liturgie solenni, sfoggio di paramenti lussuosi, esecuzioni più o meno verosimili di tradizioni antiche, devozioni che saziano la fame di emozione e commozione…
Nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo Gesù ci invita a riflettere sul fatto che la verità/autenticità della nostra esistenza e la luminosità del nostro percorso verranno dimostrate non da quale religione abbiamo scelto, da quanti dogmi abbiamo creduto o da quanto abbiamo frequentato il culto e il tempio... “Venite benedetti dal Padre mio perché ero affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato…” e mi avete “adorato in spirito e verità” … cioè, amato con tutto il cuore.
Buona domenica, fra’ Mario.

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