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Presepe 2022

Lo scorso anno, ci siamo scambiati gli auguri con una certa sobrietà, a motivo della pandemia in corso, con tante persone affette dal covid19, di cui molte in pericolo di vita e decedute. Tutti desideravamo che la situazione migliorasse al più presto, grazie ai vaccini o a terapie più adeguate (come del resto sta accadendo quest’anno), ma non immaginavamo certo che questo Natale l’avremmo passato ancora più problematicamente, coinvolti in una guerra, e le cui conseguenze le stanno pagando soprattutto le persone più povere o in situazioni di precarietà.
Non possiamo farci degli auguri dimenticando quanto sta avvenendo intorno a noi, o continuando a programmare come sempre le vacanze invernali quasi proprio per non pensarci... Nella nostra chiesa gli “amici presepisti” hanno voluto realizzare un presepio che riflettesse la realtà che stiamo vivendo e ci facesse leggere la commemorazione della nascita di Gesù come un segno di speranza, e per il quale ho preparato questa didascalia.

“Il Presepe, senz’altro è un modo poetico, più o meno attendibile, di rappresentare come possa essere avvenuta la nascita di Gesù, ma ancor di più è far arrivare a ciascuno, nell’oggi della vita, l’annuncio della vicinanza di Dio, che non risolve magicamente tutti i nostri problemi, ma ci fa intravedere la possibilità di nuove prospettive, se ci rendiamo disponibili a camminare nella luce della sua parola, con il cuore aperto verso ogni persona.
Non potevamo, dunque, quest’anno non collocare questo annuncio dentro la pagina amara di storia che stiamo vivendo, questa “terza guerra mondiale ‘a pezzi’, …‘totale’, in cui i rischi per le persone e per il pianeta sono sempre maggiori…”, come sottolinea Papa Francesco.

La “città degli uomini” si trasforma ogni giorno di più in un cimitero, per le vittime della guerra, della fame, dell’attraversamento in condizioni disumane di mari e confini…

Eppure, noi continuiamo a coltivare il sogno di poter abitare la “città che viene da Dio”, che sono chiamati ad edificare sulla terra gli uomini amati dal Signore, appassionati “artigiani di pace”, instancabili tessitori di relazioni fraterne, promotori inesauribili della dignità di ciascuno.
Con il Bambino Gesù, ogni bambino che nasce e ogni adulto che torna bambino (rinasce) possono essere germoglio che rivitalizza un tronco inaridito.”
Come affrontare e provare a superare le conseguenze di questa guerra e della pandemia? Ho estrapolato dal messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata Mondiale per la Pace del 1 gennaio 23, queste interessanti e impegnative indicazioni.

“Cosa, dunque, ci è chiesto di fare?  Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune.
Per fare questo e vivere in modo migliore dopo l’emergenza del Covid--19, non si può ignorare un dato fondamentale: le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro. E allora, siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione. Dobbiamo rivisitare il tema della garanzia della salute pubblica per
tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune e attuare chiare ed efficaci misure per far fronte al cambiamento climatico; combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà. Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace.”

Una terza attenzione, dopo guerra e pandemia, siamo chiamati a dedicarla al “cammino sinodale” che stiamo percorrendo forse non tutti ancora coinvolti pienamente, ma che sicuramente cambierà il nostro modo di essere Chiesa nei prossimi anni. Siamo ancora nella fase dell’ascolto di tutti… A nessun Sinodo si è mai arrivati con una consultazione così capillare della ‘base’ e degli ‘esterni’ e questo già ci fa presagire una Chiesa meno arroccata su se stessa, meno desiderosa di distinguersi ma più aperta ed inclusiva, senza svendere il proprio patrimonio, ma rileggendolo e mettendolo a servizio di esperienze che creino più fratellanza tra gli uomini.
Siamo chiamati, e questo mi sembra essere il messaggio del Natale, del Dio che si fa Emmanuele, cioè che cammina con noi, a sintonizzare il nostro passo:
con quello dello Spirito di Dio e delle novità che sorprendentemente ci apre davanti, spingendoci verso ciò che non abbiamo mai tentato;
con quello di tanta umanità sofferente, da ascoltare ma anche a cui rispondere con un accompagnamento fianco a fianco, profondamente umano, capace di restituire dignità;
con quello di coloro con cui ci sembra già di camminare insieme tutti i giorni (comunità parrocchiale e diocesana, quartiere), dove spesso all’incontro si preferisce lo sfiorarsi, convivenza di nicchie piuttosto che osmosi di doni.

Un augurio cordiale e fraterno dal Parroco e i collaboratori.
 

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