Anno B
LETTURE: Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Mc 12,28b-34
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Dt 6, 2-6
Ascolta, Israele: ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore.
Dal libro del Deuteronomio
Mosè parlò al popolo dicendo: «Temi il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni.
Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto.
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 17
Ti amo, Signore, mia forza.
Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore.
Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato.
Seconda Lettura Eb 7, 23-28
Egli, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, [nella prima alleanza] in gran numero sono diventati sacerdoti, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.
Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso.
La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre.
Canto al Vangelo Gv 14,23
Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.
Vangelo Mc 12, 28-34
Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
La maggior parte dei cristiani pensa che per essere bravi fedeli è necessario osservare determinati comandamenti e, normalmente, fanno riferimento a osservanza di norme morali o ai principali precetti della Chiesa, tipo confessarsi, ascoltare la Messa, ed ad alcuni comandi del decalogo; non tutti, perché molte volte fanno stare insieme ad es. sfruttamento e Messa o minimizzano comportamenti che, a loro dire, non sono evitabili, soprattutto in una società ingiusta e squilibrata.
Se venisse rivolta a loro la domanda che lo scriba rivolge a Gesù sul primo comandamento, difficilmente saprebbero rispondere rettamente.
Lo scriba rivolge questa domanda a Gesù in un contesto completamente diverso dal nostro.
Il contesto attuale è quello di un rilassamento così clamoroso che si è perso di vista ciò che è essenziale per un credente.
Il contesto dello scriba, al contrario, è quello di un’osservanza così meticolosa e sovraccarica di precetti che non si riusciva più a stabilire delle priorità.
Il problema rimane lo stesso: che cosa è veramente fondamentale, dal quale non si può prescindere?
Lo scriba, visto che Gesù tiene bene testa ai suoi avversari e non si lascia raggirare dai loro tranelli con domande che vogliono incastrarlo e fargli dire cose compromettenti, gli fa una domanda insidiosa, perché il suo contenuto era oggetto di un dibattito abbastanza animato tra i dottori della legge, gli scribi e i farisei. Ma era una questione dibattuta in sede accademica, dove si legiferava e si decideva, ma alla gente comune non interessava molto. Questa era tenuta soltanto ad osservare quello che loro stabilivano, codici morali gravosi, complicati, fardelli che, come dirà Gesù, loro non vogliono toccarli neppure con un dito. In questo contesto Gesù poteva davvero compromettersi. «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Lo scriba aveva parlato del “primo” dei comandamenti; Gesù dirà che non ce n’è uno “più grande”. Matteo, invece, pone la domanda sul comandamento “grande”, cioè il più grande; e aggiungerà che da questo e dall’amore del prossimo “dipendono” tutti gli altri comandamenti. E’ importante tener presente che in Marco Gesù cita il testo del Deuteronomio nella sua forma originaria; come a dire: non me lo invento io, ma sta scritto così nel testo sacro. Non solo: la premessa è importante: “ascolta, Israele…”. Questo tipo di ascolto è un predisporsi ad accogliere ciò che Dio decreta e ad essergli fedele.
Gesù, come fa spesso, aggiunge qualcosa di originale, non nella formulazione, ma nella sostanza: Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Nessuno glielo aveva chiesto, quindi deve avere un valore particolare. Infatti Matteo aggiunge che il secondo è simile al primo. L’originalità sta in questo: che questi due comandamenti non si possono più disgiungere; l’uno comporta l’osservanza dell’altro, altrimenti, come dichiarerà Giovanni: “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20).
Lo scriba aderisce con piacere a questa dichiarazione, mettendo in secondo piano persino ciò che nel culto rappresentava la più alta adorazione di Dio: i sacrifici e gli olocausti. E Gesù gli fa un complimento: «Non sei lontano dal regno di Dio».
Tutto questo scavalca i ventuno secoli di storia, da Gesù a noi, perché rimane sempre attuale.
Si sa che in ogni società l’istituzione richiede regolamenti e legislazioni in ogni campo. Nella Chiesa è capitata la stessa cosa: l’istituzione ha creato leggi e precetti; basti vedere il Diritto Canonico. Non sono da svalutare, ma non sono l’essenziale, come spesso si pensa. L’essenziale è quello che oggi dichiara Gesù e sta al fondamento di ogni scelta religiosa. Gli altri comandi o obblighi “dipendono” da questo. E se per caso assurgono a postulati o dogmi, allora entriamo in una forma di composto patologico difficile da gestire.
Questi due comandamenti costituiscono l’itinerario permanente verso la perfezione, perché richiedono adesione con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Questo significa che non ci può essere nessuna parte di te, nessuna energia, nessun aspetto della tua personalità che non sia improntato a questo amore. Come sappiamo bene questo lavorio non avviene di punto in bianco, ma richiede il percorso di tutta una vita.