Buon anno 2024
Buon a tutti voi.
Da sempre il futuro rappresenta una speranza e un’incognita. Per averne una previsione gli antichi romani si rivolgevano ad un “augure” che offriva il suo responso deducendolo dal volo degli uccelli… Oggi ci viene da sorridere ma anche i nostri “auguri” potrebbero somigliare a un casuale volo di uccelli se continuiamo a ripetere parole di circostanza che puntualmente dovranno fare i conti con una realtà sempre diversa da quanto previsto, a volte in meglio e a volte, purtroppo, in peggio.
La religione biblica al posto di augurare usa “benedire”: è il bene che viene da Dio, è il bene che possiamo dire di Lui, è il bene che possiamo dire degli altri, che possiamo fare per gli altri. La formula di benedizione più famosa della Bibbia dice: che Dio ti custodisca, ti sorrida e ti dia pace (senso di pienezza quando le cose si compiono bene).
Che programma!!! Ogni giorno benedetti da Dio e ogni giorno pronti per una parola buona, per un sorriso, per un gesto umile e cortese.
Voglio prometterti che proverò a farlo… e tu d’altra parte parla bene di me soprattutto quando mi vedrai fragile e non all’altezza delle mie promesse, sorridimi quando mi vedrai imbronciato o immerso nelle mie preoccupazioni, inventati un gesto che mi ridoni pace quando mi vedrai affaticato o vinto dalle mie debolezze… e se comunque mi troverai insopportabile “abbozza”, attingendo energia in quell’angoletto di cervello che chiamiamo cuore e che sa volare oltre quel mare di fesserie nelle quali annaspiamo ogni giorno.
Grazie. Buon anno!
Natale 2023
Carissimi fratelli e sorelle,
BUON NATALE A TUTTI!
E’ un augurio che rivolgo a ciascuno personalmente a mio nome e a nome della nostra fraternità e della nostra comunità parroc-chiale.
Un augurio da un cuore che il ricordo della nascita del Signore rende traboccante di gioia, di mitezza, di benevolenza, di deside-rio di impegnarsi di più a perseguire ideali di valore e a spendersi per gli altri.
Un augurio che innanzitutto vuole esprimere vicinanza a ciò che ciascuno di voi sta vivendo, nella consapevolezza che, mentre ci auguriamo di trascorrere questi giorni in serenità, molti di noi versano in gravi condizione di salute, altri sono afflitti da difficol-tà economiche, altri ancora sono impelagati in conflitti che non solo amareggiano il quotidiano, ma sembrano distruggere anche le più belle esperienze vissute.
Un augurio, inoltre, che vuole tenere conto di quanto avviene in questo momento sul nostro pianeta, dalle catastrofi ambientali alle guerre assurde e atroci, dalla corsa ad affermare i propri inte-ressi all’allargamento del numero di poveri, di migranti, di non viventi dignitosamente, dalle violazione dei diritti fondamentali delle persone alle violenze domestiche su donne e minori… non c’è davvero molto di cui rallegrarsi…
Un augurio, infine, per quelli che, come me, cercano ancora di attingere nel Vangelo risorse ed energie per non far spegnere la speranza della possibilità di una vita profondamente umanizzata, di una convivenza pacifica e fraterna, di ritmi di vita meno condi-zionati dalla frenetica rincorsa delle cose, di abbracci che rendano sostenibili anche le pagine più dolorose della vita.
Le chiese cristiane (così come templi vari, sinagoghe, mo-schee…) ormai da tempo non sono più frequentate dalle generazioni figlie della rivoluzione digitale e tecnologica… abbagliate dall’idea di essere padrone “subito” del “tutto a disposizione”, appagandosi di quanto è a portata di mano e scartando ciò di cui si pensa si possa fare tranquillamente a meno… fino a correre il rischio di ritrovarsi svuotate di grandi sogni, di desideri, di passioni che accendono il cuore, di speranza.
Dinanzi a tutto questo credo che avvertiamo tutti la necessità di cambiamenti significativi nel nostro modo di essere credenti, ancora attenti e aperti all’invisibile, e per arrivare a un modo di vive-re insieme in modo squisitamente umano e fraterno… viviamo un tempo di discernimento in cui ci viene richiesta una grande aper-tura alle sorprese dello Spirito…
Papa Francesco negli auguri natalizi alla curia romana di que-st’anno osservava che ancora ci si divide tra “conservatori” e “progressisti”, ma la vera differenza non è questa, ma quella tra “innamorati” e “abituati”… solo chi ama può camminare.
“Solo chi ama può…” continuare a fare auguri, seminare speran-za, riaccendere passioni, riaprire relazioni, ridare alla vita il gusto della vera gioia… posando lo sguardo ancora una volta sul Bambi-no di Betlemme, non per abitudine, ma per innamorarsi davvero, cioè imparare da Lui e assimilarne lo stile.
Buon Natale! Fra’ Mario.
III domenica di avvento – GIORNATA DELLA CARITA’
III DOMENICA DI AVVENTO – GIORNATA DELLA CARITA’
Carissimi fratelli e sorelle,
la giornata della carità, in questo tempo d’Avvento, non è soltanto l’appuntamento annuale per raccogliere una colletta per i nostri poveri, ma anche l’occasione propizia per crescere nella consapevolezza che le opere di carità sono parte costitutiva del nostro essere cristiani, verso di esse infatti ci muove l’ascolto della Parola di Dio e attraverso di esse testimoniamo l’amore di Dio per noi e il nostro amore per Lui, l’invisibile che si fa presente nei nostri fratelli e sorelle nel cammino quotidiano.
Proprio per far crescere nella carità tutta la comunità e coinvolgere ancora più persone nei vari servizi necessari, rendiamo conto di quanto svolto in Parrocchia nel 2023.
- sono stati distribuiti nelle varie domeniche 1160 pacchi alimentari, a famiglie e singole persone, individuate tramite Conferenza San Vincenzo e Centro d'ascolto parrocchiale,
- nell'ostello parrocchiale sono ospitati nuclei familiari in fuga dalla guerra Ucraina e altri nuclei bisognosi, in collaborazione con i servizi sociali del V Municipio,
- il Centro d'ascolto parrocchiale, in rete con le altre parrocchie, ha accompagnato e sostenuto a vario titolo 88 famiglie che hanno chiesto aiuto, 10 assistenze straordinarie dall’Elemosineria Apostolica,
- la 'sartoria parrocchiale', aperta anche a persone fragili o in solitudine, ha prodotto oggetti e dolciumi per mercatini di solidarietà,
- viene offerto sostegno scolastico a circa 60 ragazzi, aiutati fare i compiti e a imparare meglio l'italiano, da volontari della parrocchia e studenti del Liceo Benedetto da Norcia,
- sono state organizzate 3 giornate di donazione del sangue, per un totale di 114 flaconi raccolti (28 nuovi donatori).
L’offerta che raccogliamo oggi, incrementa il fondo parrocchiale per le opere di carità (costituito dal 10% delle entrate). Grazie a tutti per la sensibilità e il contributo che ciascuno potrà offrire secondo le proprie possibilità.
PER DONAZIONI ONLINE: IBAN della Parrocchia San Felice: IT02L0503403203000000000590
IL POZZO, LA BROCCA… E L’ACQUA DI SORGENTE
Carissimi fratelli e sorelle, della mia comunità parrocchiale e non,
anche oggi voglio condividere con voi una riflessione sulla pagina di vangelo domenicale, non perché come parroco debba dirvi per forza qualcosa, ma perché condividiamo la stessa sete della parola di Dio e spero anche il desiderio di mettere in comune quello che l’ascolto suscita in noi, per diventare gli uni per gli altri “sorgente d’acqua che zampilla”.
Dopo le domeniche della prova e della trasfigurazione, queste altre tre dell’anno liturgico ‘a’ ci mettono in contatto con l’uso antico di preparare i candidati al battesimo con la proclamazione di brani del Vangelo di Giovanni, che dovrebbero rafforzare in noi la consapevolezza di essere chiamati a vivere con gioia e impegno la vita battesimale, la vita nello Spirito.
A differenza delle altre redazioni del Vangelo, quella delle comunità evangelizzate da Giovanni offre la persona, la vita, il messaggio e l’opera di Gesù già nella forma di un itinerario che porta ad assimilare la vita nuova o vita nello Spirito, che viene da Dio, attraverso dei passaggi che da una parte portano alla comprensione di segni e opere e dall’altra all’assimilazione di quello che Gesù è e fa, e che fa vivere i discepoli da rigenerati, da illuminati, da vivificati per sempre quando arrivano a vivere il comandamento nuovo: amatevi come io ho amato voi.
Una modalità narrativa che colpisce nella redazione del Vangelo di Giovanni è appunto quella di presentare questi passaggi alla vita nello Spirito nella forma di “incontri personali” con il Signore Gesù, laddove spesso l’interlocutore è un personaggio simbolico, figura del discepolo che percorre l’itinerario, che si apre alla conoscenza/esperienza di quanto Gesù rivela di sé e che contiene i semi del non vivere più come prima (conversione) e del vivere lo stile del maestro (trasfigurazione). Approcciando alla lettura dell’incontro con la samaritana mi verrebbe subito da dire che un grosso problema della chiesa oggi è quello di aver cercato di riempire la brocca della ricerca di fede delle persone (noi compresi) di sacramenti, di dottrine, di catechesi, di insegnamenti morali… senza far nascere il desiderio dell’incontro personale con il Cristo, il solo che cambia l’esistenza. Parafrasando l’osservazione emersa nell’evento delle nozze di Cana, si potrebbe affermare che anche per noi che viviamo dall’interno l’appartenenza alla comunità parrocchiale il problema non è “non avere più vino”, ma “non avere più sete”…, e di conseguenza non sapere accendere la sete, il desiderio dell’incontro personale con Cristo, nelle persone che vengono anche solo per qualche occasione a dissetarsi al nostro stesso pozzo.
Consapevole che un brano di Vangelo non possa essere approfondito adeguatamente in così poche righe, mi limito a soffermarmi su qualche altro aspetto che mi piace sottolineare.
Colpisce che per un incontro con Gesù che offre rivelazioni così profonde, l’interlocutore scelto sia una donna (i maestri ebrei non parlavano mai con le donne in pubblico), e anche una donna eretica (samaritana) e forse persino idolatra (laddove i 5 mariti si leggano come un riferimento ai 5 monti vicini al monte Garizim, sui quali gli stranieri avevano edificato templi ai loro dei)… Proprio a lei Gesù esprime la sua sete di acqua di sorgente e non di pozzo (sia pure quello di Giacobbe)… proprio lei riceve il dono di aver sete di quella
stessa acqua viva (può quindi abbandonare la brocca)… proprio lei fa esperienza di divenire sorgente zampillante appassionando i suoi paesani all’incontro con Gesù… Proprio lei… non una frequentatrice assidua del culto, non un’appartenente alla crema della comunità, non una catechista con mandato… E proprio lei, alla fine, viene messa da parte dai suoi paesani che credono in Gesù non più per la parola della donna, ma perché anche essi hanno udito e fatto esperienza personalmente…
Cari fratelli e sorelle, spero di non urtare la sensibilità di nessuno, ma noto nella nostra comunità il pericolo della malattia del protagonismo… quando non ci si avvicenda nei ruoli di responsabilità, quando si vuole stare sempre al centro della scena, quando ci si vanta della propria brocca piena di ‘acqua di pozzo’ (nozioni, competenze, esperienze), quando in certi ambiti ci si riduce ad essere sempre i soliti…
La vitalità di una parrocchia dipende molto proprio dall’indirizzare gli assetati non alla propria brocca, ma alla sorgente!
L’impossibilità dell’acqua del pozzo di Giacobbe di dissetare quanti hanno sete di acqua di sorgente e la conseguente inutilità della brocca fanno da contorno ad un’altra dirompente provocazione di Gesù: “è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre... i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Il Vangelo di Giovanni ci introduce passo dopo passo a quel momento straordinario, “l’ora”, in cui ci verrà rivelato cosa significa “adorare in spirito e verità”, quando Gesù venuta l’ora di amarci fino in fondo darà la vita per noi, donandoci così lo Spirito, il principio vitale che assimila a Dio. Né spiritualismo, né dogmatismo… e neanche una religiosità basata su liturgie solenni, sfoggio di paramenti lussuosi, esecuzioni più o meno verosimili di tradizioni antiche, devozioni che saziano la fame di emozione e commozione…
Nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo Gesù ci invita a riflettere sul fatto che la verità/autenticità della nostra esistenza e la luminosità del nostro percorso verranno dimostrate non da quale religione abbiamo scelto, da quanti dogmi abbiamo creduto o da quanto abbiamo frequentato il culto e il tempio... “Venite benedetti dal Padre mio perché ero affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato…” e mi avete “adorato in spirito e verità” … cioè, amato con tutto il cuore.
Buona domenica, fra’ Mario.
2 Domenica di Quaresima
Carissimi fratelli e sorelle della mia comunità parrocchiale e non,
anche in questa seconda domenica di quaresima vorrei proporvi una riflessione, così come avrei fatto se fossi stato li presente, nella consapevolezza di esprimere solo un punto di vista che insieme a quello di ciascuno va ad arricchire quella visione d’insieme, che è un’espressione privilegiata di sinodalità.
La Liturgia ci propone la pagina evangelica della “trasfigurazione”. Se domenica scorsa ho portato la vostra attenzione sui limiti di una lettura ascetico moralistica, oggi altrettanto vorrei farlo nei confronti di una lettura devozionale, ancora tanto presente ai nostri giorni, che tende sempre a mettere Gesù su un piedistallo speciale, trasformandolo così in un oggetto di culto, da venerare e adorare, e sul piano pratico, in un modello di vita irraggiungibile nel quotidiano. Allo stesso modo, essendo un testo che ci viene proposto ogni anno almeno due volte (in questa domenica e il 6 agosto), dobbiamo stare attenti al pericolo della ripetitività, a non leggere il Vangelo con quella sorta di precomprensione che ci siamo fatti negli anni e con un atteggiamento di autosufficienza che ci porta a tirare sempre le solite conclusioni, senza riuscire ad elaborare indicazioni adeguate per questo tempo ogni giorno così profondamente nuovo.
I vangeli sinottici collocano l’evento della trasfigurazione al termine della predicazione in Galilea, dopo il soggiorno a Cesarea di Filippo dove avviene un primo “svelamento” dell’identità di Gesù: gli apostoli lo riconoscono per bocca di Pietro come il Cristo, il Messia inviato da Dio… Gesù annuncia generando il loro disappunto che essere Messia significa dare la vita per gli altri, e a questo sono chiamati i discepoli, coloro che vogliono camminare dietro di lui.
Matteo e Marco raccontano che “Sei giorni dopo…”. Una nota cronologica raramente usata dagli evangelisti e che serve appunto a collegare il nuovo “svelamento” a cui stiamo per assistere al precedente, per capire sempre più che ciò che rende luminosa la vita del maestro e dei discepoli è appunto il dono della vita. E’ suggestivo leggervi anche un rimando al libro della genesi, al sesto giorno della creazione, al giorno in cui vengono alla luce l’uomo e la donna “a immagine e somiglianza di Dio”, cioè portatori della sua stessa identità, che il Figlio, il prediletto in cui la compiacenza del giorno della creazione arriva a compimento, rivela pienamente, in quel dono di sé che rende sublimi le relazioni.
“E fu trasfigurato davanti a loro”: lo videro in tutta la sua luce… Il brano rimanda certamente a quell’esperienza di un’energia straordinaria di cui gli apostoli si sentirono investiti dopo la crocifissione e in cui seppero riconoscere la presenza del maestro, risuscitato, reso vivo per sempre dallo Spirito, capace di imprimere, come già in vita, un’altra direzione alla loro esistenza e questa volta per sempre, senza più paure o tentazioni di tornare indietro. Se lo scienziato ci offre come chiave di volta per la comprensione della storia dell’universo la teoria dell’evoluzione, e il prammatico quella dello sviluppo tecnologico… il credente la coglie proprio in questo processo di trasfigurazione in cui tutto e tutti siamo coinvolti, in misura diversa e a volte in maniera apparentemente incompiuta, attraversando la valle del pianto o incappando in una morte brutale, ma fortemente ancorati alla certezza che stiamo trasfigurandoci, divinizzandoci… e già da oggi, pur in mezzo alle tenebre, noi possiamo vivere da figli della luce, quali saremo per sempre.
“Ascoltate Lui!”. Ancora una volta la modalità per entrare nella vita che divinizza è quella dell’”ascolto”, espressione che qui viene usata nel senso forte di obbedire, seguire, in definitiva vivere con lo stile del Maestro. Anche Mosè e Elia (personificazioni della Legge e delle scritture profetiche) conversano con lui, si parlano e si ascoltano e così entrano sempre più, ciascuno secondo il proprio compito nel disegno di Dio. Sta a noi oggi, mentre religioni e chiese stanno esaurendo il loro ruolo storico, riscoprire questa sorgente di trasfigurazione che è il conversare con lui, il metterci in ascolto certamente di Mosè e di Elia, ma anche delle voci di chi ci vive accanto e dei molti volti luminosi, attraverso i quali il divino ci affascina e appassiona e ci incoraggia a intraprendere vie di vera fraternità, fino a perdere la vita per gli altri.
“E’ bello per noi stare qui” osserva Pietro che, appagato da quella visione, vorrebbe fermarla per sempre nel tempo: “Facciamo tre capanne”… come facciamo noi oggi con i nostri telefonini con cui trasformiamo
subito momenti pieni di vitalità in sterili ricordi… mute fotografie. Vorrei anche oggi, all’interno del cammino sinodale, applicare quest’immagine alla vita della nostra comunità parrocchiale. Ci sono realtà che hanno vissuto esperienze bellissime di incontro con il Signore e di vita comunitaria e hanno costruito la loro capanna in cui fissare per sempre questa esperienza… e così la parrocchia si è trasformata in una baraccopoli di esperienze parallele e a volte concorrenziali (la capanna dei neocatecumenali, del rinnovamento, dei francescani, dei gruppi famiglia, degli amici del parroco di turno, degli anziani, dei giovani, dei fanatici della loro esclusività…), da cui non si riesce a venir fuori. Ci farebbe bene far risuonare in profondità l’invito rivolto ad Abramo: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre”… Esci dalla capanna che hai costruito intorno alla tua esperienza… quella che ha rappresentato nel passato una pregevole novità ha bisogno di rinnovamento per stare al passo con lo Spirito (vedi la prima riflessione di Padre Raniero Cantalamessa per questa quaresima). Usciamo ciascuno dalla nostra capanna e saliamo insieme alla tenda dell’ascolto per ridiscenderne insieme nelle pianure quotidiane… come ci dice Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima: “Anche il percorso sinodale non deve illuderci di essere arrivati quando Dio ci dona la grazia di alcune esperienze forti di comunione. Anche lì il Signore ci ripete: «Alzatevi e non temete». Scendiamo nella pianura, e la grazia sperimentata ci sostenga nell’essere artigiani di sinodalità nella vita ordinaria delle nostre comunità”.
Buona domenica, fra’ Mario.
P.S.: Giovedì prossimo, 9 marzo, alle ore 19 ci sarà la quinta adorazione sinodale sul tema: Dio non fa preferenza di persone: è il Signore di tutti. Vorrei che questa riflessione arrivasse a tutti i componenti delle varie realtà parrocchiali e che giovedì provassero a partecipare soprattutto colo che non l’hanno mai fatto.