15 Agosto Auguri
Carissimi, vorrei scambiare con voi gli auguri per questo giorno di festa consegnandovi una riflessione che spero sia di stimolo per ciascuno a cercare con sempre maggiore intensità il senso delle cose che celebriamo.
Dalle nostre parti, con il mese di luglio finiva la gran parte del lavoro dei campi e finalmente ci si poteva dare al riposo e alla festa. In epoca romana Ottaviano istituì dei festeggiamenti solenni che duravano un paio di settimane e furono chiamati “Il riposo di Augusto” (in latino “Feriae Augusti”), e da qui fu dedicato a lui l’intero mese che prese il nome, che usiamo ancora oggi, di Agosto.
Ma l’uomo non vive solo di “panem et circenses”, alla lettera ‘pane e giochi da circo’, nutrimento e divertimento… da sempre è alla ricerca di cose più profonde, pensa e parla della cose di Dio, cioè fa teologia… Per questo gli antichi dedicavano la festa al Dio della terra e della fertilità Conso e i romani al divino Augusto…
I cristiani di Gerusalemme a pochi anni di distanza dalla Pasqua di Gesù facevano memoria anche della morte di sua madre e si recavano a visitarne la tomba nella zona sepolcrale della valle del cedron (anche se nessun brano scritturistico parla della morte di Maria e quindi non sappiamo esattamente ne quando ne dove essa sia morta e dove sia stata sepolta, vedi a proposito anche la tradizione che ne ricorda la morte e la sepoltura a Efeso).
Le generazioni successive, soprattutto con l’intenzione di salvaguardare la reale divinità di Gesù Cristo, iniziarono a venerare Maria sua Madre e a riconoscerle particolari prerogative ottenute in dono da Dio proprio in funzione del Figlio.
Da qui è iniziato un processo di “divinizzazione” di Maria che soprattutto nel mondo cattolico del secondo millennio ha portato ad attribuire a lei prerogative che erano proprie del Figlio e azioni proprie dello Spirito Santo (basta leggere a proposito le tante litanie mariane con le quali ancora oggi molti pregano, o vedere l’esplosione di santuari mariani negli ultimi secoli, in cui visioni e presunti messaggi di Maria hanno preso il posto del Vangelo nella vita dei devoti).
In questi ultimi anni, poi, abbiamo iniziato a ridare alla “Teologia” il ruolo che le compete, cioè quello di cercare le tracce di dimensioni che vanno oltre lo sperimentabile, di intuire significati più profondi per le cose della vita, di aprire varchi verso qualcosa che dia pienezza e compimento al tutto… e abbiamo compreso che tante cose asserite per secoli come vere e indiscutibili, sono in realtà indissolubilmente legate alle competenze di chi le ha pensate a studiate, alla cultura dell’epoca, all’orientamento dato dall’autorità di turno… questo non significa diventare relativisti, ma acquisire la convinzione che la verità la si ricerca con fatica e apertura di mente e di cuore, e non la si possiederà mai per intero, ne solo da parte di qualcuno.
Tornando indietro di qualche anno, certamente i nostri nonni ricorderanno che le “ferie di augusto” sono diventate “Ferragosto” (con gite in treno e pranzetti fuori casa) durante il fascismo… la Chiesa Cattolica, invece, ha continuato a solennizzare questo giorno con la festa della ”Assunzione di Maria”, fino a proclamare che: “l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”, ‘dogma’ (dichiarazione indiscutibile e non modificabile) proclamato da Pio XII il 1 novembre 1950.
In realtà, riguardo a questa dichiarazione, qualcosa è stato non corretto, ma precisato: la reticenza riguardo la morte di Maria contenuta nell’espressione “terminato il corso della vita terrena” è stata chiarita dal Papa Giovanni Paolo II (vedi udienza del 25 giugno 97): E' possibile che Maria di Nazaret abbia sperimentato nella sua carne il dramma della morte? Riflettendo sul destino di Maria e sul suo rapporto con il divin Figlio, sembra legittimo rispondere affermativamente: dal momento che Cristo è morto, sarebbe difficile sostenere il contrario per la Madre… L'esperienza della morte ha arricchito la persona della Vergine: passando per la comune sorte degli uomini, Ella è in grado di esercitare con più efficacia la sua maternità spirituale verso coloro che giungono all'ora suprema della vita.
E probabilmente ci sarà ancora da precisare qualcosa su ciò che si intende dire con l’espressione “assunta alla gloria celeste in anima e corpo”, soprattutto oggi che stiamo smettendo di identificare una dimensione di vita diversa da quella biologica con quello che poeticamente chiamiamo ancora ‘cielo’, e stiamo abbandonando il modo greco di immaginare l’uomo come ‘anima dentro un corpo’, e ancor di più di immaginare l’esistenza post biologica come un ritorno dell’anima dentro allo stesso corpo di prima, anche se in qualche modo trasformato…
Io, povero credente, cercatore di oltre, di questo tempo, apprezzo l’intelligenza e l’intuizione di quanti si sono dedicati nel passato e si dedicano nel presente a pensare e parlare delle cose di Dio… anche se mi rendo conto che le conoscenze e le competenze che abbiamo oggi ci chiedono di rivedere certi moduli espressivi e di evitare la tentazione di pensare che su certe realtà sia stato già detto tutto una volta per sempre… così come non amo anteporre tradizioni e devozioni seppur secolari a uno studio serio e sempre più approfondito della Bibbia, in cui trovo le parole che alimentano il desiderio di una piena trasfigurazione dell’esistenza.
Un caro augurio a ciascuno per godere di uno spazio di riposo rigenerante e di un tempo adeguato per l’arricchimento interiore.
Fra’ Mario
Buon anno 2024
Buon a tutti voi.
Da sempre il futuro rappresenta una speranza e un’incognita. Per averne una previsione gli antichi romani si rivolgevano ad un “augure” che offriva il suo responso deducendolo dal volo degli uccelli… Oggi ci viene da sorridere ma anche i nostri “auguri” potrebbero somigliare a un casuale volo di uccelli se continuiamo a ripetere parole di circostanza che puntualmente dovranno fare i conti con una realtà sempre diversa da quanto previsto, a volte in meglio e a volte, purtroppo, in peggio.
La religione biblica al posto di augurare usa “benedire”: è il bene che viene da Dio, è il bene che possiamo dire di Lui, è il bene che possiamo dire degli altri, che possiamo fare per gli altri. La formula di benedizione più famosa della Bibbia dice: che Dio ti custodisca, ti sorrida e ti dia pace (senso di pienezza quando le cose si compiono bene).
Che programma!!! Ogni giorno benedetti da Dio e ogni giorno pronti per una parola buona, per un sorriso, per un gesto umile e cortese.
Voglio prometterti che proverò a farlo… e tu d’altra parte parla bene di me soprattutto quando mi vedrai fragile e non all’altezza delle mie promesse, sorridimi quando mi vedrai imbronciato o immerso nelle mie preoccupazioni, inventati un gesto che mi ridoni pace quando mi vedrai affaticato o vinto dalle mie debolezze… e se comunque mi troverai insopportabile “abbozza”, attingendo energia in quell’angoletto di cervello che chiamiamo cuore e che sa volare oltre quel mare di fesserie nelle quali annaspiamo ogni giorno.
Grazie. Buon anno!
Natale 2023
Carissimi fratelli e sorelle,
BUON NATALE A TUTTI!
E’ un augurio che rivolgo a ciascuno personalmente a mio nome e a nome della nostra fraternità e della nostra comunità parroc-chiale.
Un augurio da un cuore che il ricordo della nascita del Signore rende traboccante di gioia, di mitezza, di benevolenza, di deside-rio di impegnarsi di più a perseguire ideali di valore e a spendersi per gli altri.
Un augurio che innanzitutto vuole esprimere vicinanza a ciò che ciascuno di voi sta vivendo, nella consapevolezza che, mentre ci auguriamo di trascorrere questi giorni in serenità, molti di noi versano in gravi condizione di salute, altri sono afflitti da difficol-tà economiche, altri ancora sono impelagati in conflitti che non solo amareggiano il quotidiano, ma sembrano distruggere anche le più belle esperienze vissute.
Un augurio, inoltre, che vuole tenere conto di quanto avviene in questo momento sul nostro pianeta, dalle catastrofi ambientali alle guerre assurde e atroci, dalla corsa ad affermare i propri inte-ressi all’allargamento del numero di poveri, di migranti, di non viventi dignitosamente, dalle violazione dei diritti fondamentali delle persone alle violenze domestiche su donne e minori… non c’è davvero molto di cui rallegrarsi…
Un augurio, infine, per quelli che, come me, cercano ancora di attingere nel Vangelo risorse ed energie per non far spegnere la speranza della possibilità di una vita profondamente umanizzata, di una convivenza pacifica e fraterna, di ritmi di vita meno condi-zionati dalla frenetica rincorsa delle cose, di abbracci che rendano sostenibili anche le pagine più dolorose della vita.
Le chiese cristiane (così come templi vari, sinagoghe, mo-schee…) ormai da tempo non sono più frequentate dalle generazioni figlie della rivoluzione digitale e tecnologica… abbagliate dall’idea di essere padrone “subito” del “tutto a disposizione”, appagandosi di quanto è a portata di mano e scartando ciò di cui si pensa si possa fare tranquillamente a meno… fino a correre il rischio di ritrovarsi svuotate di grandi sogni, di desideri, di passioni che accendono il cuore, di speranza.
Dinanzi a tutto questo credo che avvertiamo tutti la necessità di cambiamenti significativi nel nostro modo di essere credenti, ancora attenti e aperti all’invisibile, e per arrivare a un modo di vive-re insieme in modo squisitamente umano e fraterno… viviamo un tempo di discernimento in cui ci viene richiesta una grande aper-tura alle sorprese dello Spirito…
Papa Francesco negli auguri natalizi alla curia romana di que-st’anno osservava che ancora ci si divide tra “conservatori” e “progressisti”, ma la vera differenza non è questa, ma quella tra “innamorati” e “abituati”… solo chi ama può camminare.
“Solo chi ama può…” continuare a fare auguri, seminare speran-za, riaccendere passioni, riaprire relazioni, ridare alla vita il gusto della vera gioia… posando lo sguardo ancora una volta sul Bambi-no di Betlemme, non per abitudine, ma per innamorarsi davvero, cioè imparare da Lui e assimilarne lo stile.
Buon Natale! Fra’ Mario.
III domenica di avvento – GIORNATA DELLA CARITA’
III DOMENICA DI AVVENTO – GIORNATA DELLA CARITA’
Carissimi fratelli e sorelle,
la giornata della carità, in questo tempo d’Avvento, non è soltanto l’appuntamento annuale per raccogliere una colletta per i nostri poveri, ma anche l’occasione propizia per crescere nella consapevolezza che le opere di carità sono parte costitutiva del nostro essere cristiani, verso di esse infatti ci muove l’ascolto della Parola di Dio e attraverso di esse testimoniamo l’amore di Dio per noi e il nostro amore per Lui, l’invisibile che si fa presente nei nostri fratelli e sorelle nel cammino quotidiano.
Proprio per far crescere nella carità tutta la comunità e coinvolgere ancora più persone nei vari servizi necessari, rendiamo conto di quanto svolto in Parrocchia nel 2023.
- sono stati distribuiti nelle varie domeniche 1160 pacchi alimentari, a famiglie e singole persone, individuate tramite Conferenza San Vincenzo e Centro d'ascolto parrocchiale,
- nell'ostello parrocchiale sono ospitati nuclei familiari in fuga dalla guerra Ucraina e altri nuclei bisognosi, in collaborazione con i servizi sociali del V Municipio,
- il Centro d'ascolto parrocchiale, in rete con le altre parrocchie, ha accompagnato e sostenuto a vario titolo 88 famiglie che hanno chiesto aiuto, 10 assistenze straordinarie dall’Elemosineria Apostolica,
- la 'sartoria parrocchiale', aperta anche a persone fragili o in solitudine, ha prodotto oggetti e dolciumi per mercatini di solidarietà,
- viene offerto sostegno scolastico a circa 60 ragazzi, aiutati fare i compiti e a imparare meglio l'italiano, da volontari della parrocchia e studenti del Liceo Benedetto da Norcia,
- sono state organizzate 3 giornate di donazione del sangue, per un totale di 114 flaconi raccolti (28 nuovi donatori).
L’offerta che raccogliamo oggi, incrementa il fondo parrocchiale per le opere di carità (costituito dal 10% delle entrate). Grazie a tutti per la sensibilità e il contributo che ciascuno potrà offrire secondo le proprie possibilità.
PER DONAZIONI ONLINE: IBAN della Parrocchia San Felice: IT02L0503403203000000000590
IL POZZO, LA BROCCA… E L’ACQUA DI SORGENTE
Carissimi fratelli e sorelle, della mia comunità parrocchiale e non,
anche oggi voglio condividere con voi una riflessione sulla pagina di vangelo domenicale, non perché come parroco debba dirvi per forza qualcosa, ma perché condividiamo la stessa sete della parola di Dio e spero anche il desiderio di mettere in comune quello che l’ascolto suscita in noi, per diventare gli uni per gli altri “sorgente d’acqua che zampilla”.
Dopo le domeniche della prova e della trasfigurazione, queste altre tre dell’anno liturgico ‘a’ ci mettono in contatto con l’uso antico di preparare i candidati al battesimo con la proclamazione di brani del Vangelo di Giovanni, che dovrebbero rafforzare in noi la consapevolezza di essere chiamati a vivere con gioia e impegno la vita battesimale, la vita nello Spirito.
A differenza delle altre redazioni del Vangelo, quella delle comunità evangelizzate da Giovanni offre la persona, la vita, il messaggio e l’opera di Gesù già nella forma di un itinerario che porta ad assimilare la vita nuova o vita nello Spirito, che viene da Dio, attraverso dei passaggi che da una parte portano alla comprensione di segni e opere e dall’altra all’assimilazione di quello che Gesù è e fa, e che fa vivere i discepoli da rigenerati, da illuminati, da vivificati per sempre quando arrivano a vivere il comandamento nuovo: amatevi come io ho amato voi.
Una modalità narrativa che colpisce nella redazione del Vangelo di Giovanni è appunto quella di presentare questi passaggi alla vita nello Spirito nella forma di “incontri personali” con il Signore Gesù, laddove spesso l’interlocutore è un personaggio simbolico, figura del discepolo che percorre l’itinerario, che si apre alla conoscenza/esperienza di quanto Gesù rivela di sé e che contiene i semi del non vivere più come prima (conversione) e del vivere lo stile del maestro (trasfigurazione). Approcciando alla lettura dell’incontro con la samaritana mi verrebbe subito da dire che un grosso problema della chiesa oggi è quello di aver cercato di riempire la brocca della ricerca di fede delle persone (noi compresi) di sacramenti, di dottrine, di catechesi, di insegnamenti morali… senza far nascere il desiderio dell’incontro personale con il Cristo, il solo che cambia l’esistenza. Parafrasando l’osservazione emersa nell’evento delle nozze di Cana, si potrebbe affermare che anche per noi che viviamo dall’interno l’appartenenza alla comunità parrocchiale il problema non è “non avere più vino”, ma “non avere più sete”…, e di conseguenza non sapere accendere la sete, il desiderio dell’incontro personale con Cristo, nelle persone che vengono anche solo per qualche occasione a dissetarsi al nostro stesso pozzo.
Consapevole che un brano di Vangelo non possa essere approfondito adeguatamente in così poche righe, mi limito a soffermarmi su qualche altro aspetto che mi piace sottolineare.
Colpisce che per un incontro con Gesù che offre rivelazioni così profonde, l’interlocutore scelto sia una donna (i maestri ebrei non parlavano mai con le donne in pubblico), e anche una donna eretica (samaritana) e forse persino idolatra (laddove i 5 mariti si leggano come un riferimento ai 5 monti vicini al monte Garizim, sui quali gli stranieri avevano edificato templi ai loro dei)… Proprio a lei Gesù esprime la sua sete di acqua di sorgente e non di pozzo (sia pure quello di Giacobbe)… proprio lei riceve il dono di aver sete di quella
stessa acqua viva (può quindi abbandonare la brocca)… proprio lei fa esperienza di divenire sorgente zampillante appassionando i suoi paesani all’incontro con Gesù… Proprio lei… non una frequentatrice assidua del culto, non un’appartenente alla crema della comunità, non una catechista con mandato… E proprio lei, alla fine, viene messa da parte dai suoi paesani che credono in Gesù non più per la parola della donna, ma perché anche essi hanno udito e fatto esperienza personalmente…
Cari fratelli e sorelle, spero di non urtare la sensibilità di nessuno, ma noto nella nostra comunità il pericolo della malattia del protagonismo… quando non ci si avvicenda nei ruoli di responsabilità, quando si vuole stare sempre al centro della scena, quando ci si vanta della propria brocca piena di ‘acqua di pozzo’ (nozioni, competenze, esperienze), quando in certi ambiti ci si riduce ad essere sempre i soliti…
La vitalità di una parrocchia dipende molto proprio dall’indirizzare gli assetati non alla propria brocca, ma alla sorgente!
L’impossibilità dell’acqua del pozzo di Giacobbe di dissetare quanti hanno sete di acqua di sorgente e la conseguente inutilità della brocca fanno da contorno ad un’altra dirompente provocazione di Gesù: “è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre... i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Il Vangelo di Giovanni ci introduce passo dopo passo a quel momento straordinario, “l’ora”, in cui ci verrà rivelato cosa significa “adorare in spirito e verità”, quando Gesù venuta l’ora di amarci fino in fondo darà la vita per noi, donandoci così lo Spirito, il principio vitale che assimila a Dio. Né spiritualismo, né dogmatismo… e neanche una religiosità basata su liturgie solenni, sfoggio di paramenti lussuosi, esecuzioni più o meno verosimili di tradizioni antiche, devozioni che saziano la fame di emozione e commozione…
Nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo Gesù ci invita a riflettere sul fatto che la verità/autenticità della nostra esistenza e la luminosità del nostro percorso verranno dimostrate non da quale religione abbiamo scelto, da quanti dogmi abbiamo creduto o da quanto abbiamo frequentato il culto e il tempio... “Venite benedetti dal Padre mio perché ero affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato…” e mi avete “adorato in spirito e verità” … cioè, amato con tutto il cuore.
Buona domenica, fra’ Mario.