III DOMENICA DI AVVENTO Anno B
Carissimi fratelli e sorelle,
in questa terza domenica di attesa sempre più gioiosa della venuta del Signore, ancora una volta, il personaggio che ci guida all’incontro con Lui è Giovanni il Battista. Il brano di Vangelo che leggiamo è tratto dal prologo del Vangelo di Giovanni che ce lo presenta in modo solenne come “un uomo mandato da Dio”, il “testimone della luce”, la “voce che grida nel deserto” annunciata da Isaia, il battezzatore che “conosce”, cioè già crede, in Colui che “viene dopo di lui”… uno, insomma, autorevole e credibile, capace di discernere le vie di Dio, la sua presenza tra noi e lo stile da assumere per accoglierlo nella propria vita.
Giovanni il Battista è uno che affascina, che attira le folle, che ha un seguito di discepoli entusiasti. Vive e svolge la sua attività in una zona in cui è forte la presenza degli Esseni, un gruppo ebraico dissidente da cui sono nate delle comunità di tipo monastico, composte da celibi che vivevano la comunione dei beni e si dedicavano allo studio della Parola di Dio, nell’attesa del Messia che avrebbe ridato vita al regno terreno del Dio d’Israele. Per questo i farisei istruiscono nei confronti di Giovanni un’inchiesta e viene mandata da lui una delegazione perché egli chiarisca la sua posizione: chi sei? Cosa dici di te stesso? Perché battezzi?
Domande incalzanti alle quali Giovanni avrebbe potuto rispondere esibendo credenziali e curriculum, difendendo la legittimità della propria predicazione e del proprio operato… Invece, lui quasi quasi si fa da parte per annunciare qualcuno più importante di lui, che già è presente, ma di cui essi non conoscono la vera identità. Veniamo così introdotti in una delle tematiche più ricorrenti del Vangelo di Giovanni: i farisei manifesteranno sempre un viscerale rifiuto nei confronti della persona di Gesù perché non ne conoscono, cioè non vogliono riconoscere, la sua vera identità.
Il giorno dopo il battezzatore darà una testimonianza ancora più chiara quando vedendo Gesù lo riconoscerà come “l’Agnello di Dio” e due dei suoi discepoli, uno dei quali era Andrea il fratello di Pietro e l’altro, proprio perché rimasto anonimo, si ipotizza fosse lo stesso evangelista, si metteranno a seguirlo e andranno a casa sua per rimanere insieme a lui, un incontro che li segnerà per sempre e di cui ricorderanno addirittura l’ora in cui avvenne “erano circa le quattro del pomeriggio”.
Giovanni il battezzatore non è dunque un fanatico esibitore delle proprie certezze di fede, né un maestro geloso dei propri discepoli, ma un vero profeta, uno che non ha niente di suo da annunciare o da difendere, ma è “voce” di un altro e riflesso della sua luce, immerge nell’acqua sapendo che vi scorre una vita non sua, è pronto a seguire colui che egli precede e a lasciare la scena, umile servitore anche più di uno schiavo, egli sa bene che non è lui che va cercato e incontrato e orienta il desiderio dei suoi verso l’altro, davanti al quale finalmente Andrea potrà dire: “abbiamo trovato”.
Ci mettiamo in ascolto di Giovanni, dunque, non soltanto con la curiosità di sapere se sia lui o noi l’inviato di Dio che stavamo aspettando, né solo per sentirci dare la buona notizia che il tempo dell’attesa è finito perché colui che ha in sé lo Spirito di Dio è già in mezzo a noi, ma per assimilare questo suo stile di fede: essere voce e non parola, essere raggio e non fonte della luce, essere acqua ma non sorgente, essere traccia e non il piede, essere a servizio e mai padroni, essere sempre una porta spalancata che rende possibile la gioia dell’incontro. Il ruolo di Giovanni non si esaurisce nel fornire le indicazioni giuste per incontrare Gesù, ma quando dopo l’incontro, ciascuno potrà dire: “abbiamo trovato”… la persona giusta da mettere al centro del nostro cuore e il modo di vivere che riempie le nostre giornate di senso e di gioia.
La prima lettura di oggi ci propone dal capitolo 61 di Isaia il testo letto e applicato a se stesso da Gesù nella sinagoga di Nazareth: “Lo Spirito del Signore è su di me… mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri…” (Lc 4,18). Quando Giovanni imprigionato da Erode invierà i suoi discepoli a chiedere a Gesù se sia lui quello doveva venire o se bisognasse aspettare un altro Egli risponderà ancora una volta con le stesse parole: “i ciechi recuperano la vista… il Vangelo è annunziato ai poveri…” (Mt 11,5). Giovanni è colui che ha visto lo Spirito del Signore posarsi su Gesù (Mt 3,16) e la sua vita spesa per i ciechi, gli zoppi, i poveri… Questo è il DNA di colui che viene da Dio, buona notizia per chi attende, strada da intraprendere per chi si lascia comunicare lo stesso Spirito.
In questo nostro tempo, allora, in cui molti alzano la voce per comunicare quelle che restano soltanto delle loro opinioni e si propongono allo sguardo solo per farsi ammirare, in cui i catturatori di audience brillano per un attimo per poi sprofondare nel vuoto non appena si sono spene le luci, in cui ciascuno è tentato di sentirsi qualcuno solo perché un certo numero di persone hanno accompagnato la sua esibizione con un “mi piace” e qualche “cinguettio”… è più che mai urgente lasciarsi raggiungere dalla voce di Giovanni , uno che non cerca il centro della scena o appaganti gratifiche, ma sa indicare con precisione chi è colui che può dare alla vita un’altra direzione, risvegliare i grandi desideri, riaccendere nel cuore la passione e infondere l’energia per realizzare da subito le “grandi cose” di Dio.
Se nelle nostre chiese fossimo un po’ più come Giovanni, la smetteremmo di contare quanti siamo e di calcolare l’età media, di esibire titoli e rivendicare posizioni di privilegio, di vantarci dei nostri ruoli e di distribuire caramelle ai più buoni… e torneremmo a raccontare a tutti a voce piena: abbiamo trovato quello che cercavamo, quel Gesù che ancora una volta è davvero tornato tra noi.
Buona e gioiosa settimana a tutti, fra’ Mario.