panor ridotta
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   Carissimi fratelli e sorelle,
gli esperti di comunicazione affermano che il contenuto di un messaggio sui social va espresso nei primi sette secondi. Allora oggi ci troviamo davanti ad un esempio stupendo di comunicazione: in quattro secondi e con sette parole, nel testo originale in greco, Marco ci comunica il contenuto del suo vangelo: “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio”.  Non si tratta di un titolo, ne di un riassunto, ma esattamente di ciò che scopriremo seguendo il racconto dall’inizio alla fine: dalla predicazione di Giovanni il Battista, presentato come il messaggero che prepara la via a Gesù, alla confessione di fede del centurione romano che sotto la croce lo riconoscerà come Figlio di Dio.
   Accogliamo questo testo mentre ci prepariamo a celebrare il ricordo della nascita di Gesù, momento privilegiato per riflettere su quei cambiamenti di mentalità e di stili di vita che può generare la presenza di Dio tra di noi, pertanto vorrei dare a quella parola “inizio” non solo il valore di “momento iniziale del racconto”, ma evocazione di quello che può accadere ogni volta che entri in contatto con il Vangelo: può davvero iniziare un’altra vita.
   E’ esattamente questo il senso della predicazione di Giovanni il Battista, questo uomo austero che viveva nelle periferie nord est del deserto di Giuda, nella stessa zona in cui si erano ritirati gli esseni, che invitava le persone a ripetere il passaggio nel fiume Giordano, come avevano fatto le antiche tribù per entrare nella Terra Promessa precedute da un angelo del Signore (Es 23,20), per esprimere la loro conversione da una vita nei peccati a quella illuminata dalla legge. 
   In lui le prime comunità cristiane identificarono il portatore di quella “voce” che risuonò già tra gli ebrei all’epoca dell’esilio a Babilonia, prevedendo a breve il loro ritorno a Gerusalemme, per cui essi erano invitati ad aprire una strada nel deserto al Signore che li avrebbe guidati alla libertà, come già aveva fatto con le generazioni dei tempi dell’Esodo. 
   Ora quella “voce” risuona in Giovanni, il nuovo Elia (Mal 3,23), che invita ad aprire una strada ad un suo discepolo, colui che viene dopo di lui, che e più forte di lui, che presto passerà avanti (Gv 1,15), di fronte al quale anche essere uno schiavo è troppo onore… colui che è così grande perché non li limiterà ad evocare il valore purificatorio dell’acqua ma sarà in grado di trasmettere alle persone l’energia che trasfigura le esistenze, quella che lui possiede e comunica: il soffio, lo Spirito di Dio.
   Questo è davvero l‘inizio della buona notizia (Ἀρχὴ τοῦ εὐαγγελίου) che la “voce”, che sia dei profeti, di Giovanni, degli Apostoli, di tutti i predicatori… o che sia presente più nei segni dei tempi che nelle parole, offre a tutti coloro che hanno il desiderio di intraprendere strade diverse da quelle già percorse, di vedere oltre il già visto, di vivere la propria vita con più senso e con più gioia, o anche solamente di riemergere da situazioni di mediocrità e di fallimento: hai finalmente l’opportunità di incontrare colui che può farti uscire dal deserto e portarti dall’altra parte del fiume: nella terra nuova e il cielo nuovo della fraternità, della giustizia e della pace, nei quali prende vita quel mondo di Dio che Gesù ha annunciato e per il quale ha dato tutto se stesso. 
   A distanza di anni dalla Pasqua di Gesù e dalla morte degli Apostoli, nella comunità cristiana questo desiderio di cieli nuovi e terra nuova è rimasto intatto. Ce lo testimonia la lettera che all’inizio del secondo secolo circolava tra i cristiani, circondata della massima attenzione come se fosse stata scritta da Pietro stesso, e detta appunto seconda lettera di Pietro, di cui noi leggiamo proprio il brano in cui si afferma che bisogna saper attendere, perché il giorno in cui il Signore realizzerà le sue promesse verrà, magari improvviso come un ladro, magari fra mille anni, che per Lui sono come un giorno solo, ma verrà e Dio vuole che non se lo perda nessuno, per cui concede a ciascuno tutto il tempo per un cammino di liberazione e di guarigione da ogni forma di male.
   Per camminare verso questo obiettivo non esiste una strada già costruita e sicura  da percorrere, ma bisogna aprirne una nuova, nel deserto senza vita come nelle steppe popolate di erbe e arbusti, colmando i vuoti angusti delle valli e spianando le alture, rendendo comoda pianura terreni accidentati e scoscesi… questo chiedeva un profeta del VI secolo, la cui predicazione è stata inclusa nel libro di Isaia, al popolo devastato dall’esilio a Babilonia e speranzoso nell’intervento di Ciro che gli avrebbe restituito la libertà… e questo l’invito di Giovanni il Battista a quei Giudei insoddisfatti della propria esperienza religiosa e desiderosi di autenticità… e questo è l’invito che risuona per noi, anche in questo difficile tempo di pandemia, in cui sembra mancare la voglia di affrontare la fatica delle ripartenze e di fare strade nuove, in cui molti preferiscono chiedersi “quando si tornerà come prima?” piuttosto che “cosa sta cambiando?”, tempo in cui noi cristiani dobbiamo ancor di più lasciarci scuotere dalla “voce” inconfondibile che parla nel Vangelo e nella vita di fratelli e sorelle in attesa di consolazione, incoraggiamento, illuminazione e forti motivazioni.
   In questa seconda settimana di avvento, dunque, dopo aver accolto domenica scorsa l’invito a essere svegli e pronti per l’incontro sorprendente con il Signore, siamo chiamati a ridestare in noi la passione del camminare, la capacità di passi decisivi, a ognuno dei quali corrisponda un cambiamento, il fiuto per aprire laddove non ci siano sentieri già battuti ciascuno la propria strada. Il Dio che è già venuto, che viene, e che sempre tornerà a venire fino all’ultimo giorno possiamo incontrarlo solo se anche noi ci incamminiamo verso di lui, con solerzia e intraprendenza, senza perderci in tante chiacchiere ma con i passi concreti dell’abbandono della vecchie strade, già percorse tante volte inutilmente, dell’orgoglio e dell’egoismo, dell’autosufficienza e della presunzione, delle chiusure e dei fuori misura, per seguire le orme, le tracce inconfondibili che conducono sempre oltre, che la “voce” del Vangelo apre davanti a noi ogni giorno, come fosse il primo.
   Inizio del Vangelo, inizio del cammino.
   Buona settimana a tutti, fra’ Mario.     
    

 

 

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