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Carissimi fratelli e sorelle,
in questa domenica celebriamo la solennità della Pentecoste, termine greco che indica il cinquantesimo giorno dopo Pasqua, il giorno che chiude questo tempo di sette settimane con cui abbiamo rivissuto la morte, la risurrezione e la glorificazione di Gesù, e imparato a sperimentare il suo essere con noi per sempre, per guidarci e accompagnarci con un dono particolare: la luce e l’energia che provengono da Dio, che oggi si manifesta a noi come Spirito Santo.
In tempi ormai lontani dai nostri, gli agricoltori della “mezzaluna fertile”, dall’Egitto alla Mesopotamia, attendevano e vivevano con grandissima gioia la stagione primaverile, festeggiandone l’inizio con l’offerta dei primi frutti alle divinità, e la conclusione allo stesso modo, prima di entrare nell’arida stagione estiva. I festeggiamenti degli agricoltori ebrei, in particolare, si arricchirono di nuovi significati con l’integrazione con le tribù nomadi provenienti dall’Egitto e le memorie dei grandi eventi dell’Esodo: la liberazione e l’Alleanza del Sinai. L’organizzazione delle festività in cicli temporali, durante i secoli, si basò sempre più sul ricorso al numero simbolico del “7” e dei suoi multipli, espressione di pienezza e compimento.
Fu del tutto naturale per gli Apostoli e i loro discepoli, provenienti dalla religione ebraica, comprendere ed esprimere il mistero di Gesù, pienezza e compimento delle promesse di Dio, ed organizzarne negli anni la memoria, alla luce dei contenuti e delle tradizioni religiose ereditate.
Non potendo approfondire in questo ambito la sovrabbondante ricchezza di contenuti della festa di Pentecoste (cosa che ciascuno però deve fare con la ricerca personale e qualche bel momento di riflessione comunitaria, magari guidata da un competente), e visto che di omelie sulla Pentecoste ne abbiamo già ascoltate chissà quante, vorrei, come al solito, lasciarmi offrire solo qualche indicazione dai testi proclamati oggi, soprattutto nella prospettiva di riceverne la luce, l’incoraggiamento e la capacità di rinnovamento radicale, di cui abbiamo bisogno in questi giorni di pandemia, per viverli come tempo, benché difficile, pieno di senso e di prospettive. “Tempo di scelta… per reimpostare la rotta verso il Signore e verso gli altri” (Papa Francesco).
Come già domenica scorsa per i racconti dell’Ascensione, anche oggi, per l’annuncio del dono dello Spirito, abbiamo due racconti diversi tra loro dal punto di vista cronologico: nel Vangelo di Giovanni l’evento è collocato nel giorno stesso della Risurrezione, il primo della settimana, quello dopo il settimo, della vittoria di Gesù sul male e sulla morte e dell’inizio della nuova creazione; negli Atti degli Apostoli l’evento è collocato nel cinquantesimo giorno dopo la Risurrezione, a sottolineare che un’Alleanza nuova, fondata sullo Spirito presente nel cuore del credente, sostituisce quella antica fondata sulla legge scolpita su tavole di pietra, e coinvolge non più un solo popolo, ma tutti i popoli della terra, verso cui è proteso l’annuncio della Chiesa.
Questi modi diversi di raccontare, tuttavia, ci conducono ad uno stesso contenuto: la Pasqua di Gesù è l’evento in cui non solo è successo qualcosa di unico, in cui Dio è intervenuto come mai prima nella storia, ma inizia qualcosa di nuovo, anche questo senza precedenti, per tutti coloro che sono in relazione con Lui e gli riservano il posto centrale nella loro vita. Il turbinio della Pasqua che ci coinvolge è ciò che chiamiamo Spirito Santo, promotore di una relazione ogni giorno più profonda e arricchente con il Maestro e suggeritore di un cammino di radicale trasfigurazione della vita personale e della storia.
“La sera di quel giorno, il primo della settimana…”, cioè mentre quel giorno finiva e iniziava il nuovo, Gesù, Colui che aveva donato la vita sulla croce (vedere le ferite di mani e piedi), si fa presente vivo in mezzo ai discepoli, che per la sua vittoria sulla morte ricevono in dono la pace e la gioia. Poi, come Dio aveva soffiato la vita nell’uomo appena creato, Gesù soffia su di loro lo Spirito per farne dei portatori di vita nuova, libera dai peccati della precedente. Attenzione a non darne un’interpretazione meramente moralistica… siamo dei miseri peccatori che commettono errori che vanno continuamente perdonati… Il peccato in Giovanni è il rifiuto del Cristo, il non lasciarsi guidare dallo Spirito a metterlo al centro della vita, vivere come se Cristo non esistesse o non l’avessimo incontrato, pensare e agire da persone tenebrose, non illuminate dalla Parola di Dio.
Così proprio in questi giorni in cui dobbiamo indossare mascherine per evitare di contaminarci o trasmettere il virus attraverso goccioline di saliva infette, siamo chiamati a riaprire la nostra interiorità a Colui che può soffiarvi la vita che viene da Dio; a risolvere una volta per tutte il dilemma se lasciarci dominare dalla paura, e cadere di conseguenza, nella trappola di una religiosità anestetizzante, piena di amuleti inefficaci, o aprirci ad una fede finalmente fatta di fiducia, di convinzioni profonde, di quella fratellanza, frutto dello Spirito, in cui ciascuno fa responsabilmente la propria parte per il bene di tutti (vedi il discorso di Paolo ai Corinzi).
Ogni giorno nei nostri dialoghi o discussioni intorno alla pandemia, i problemi da essa generati e le soluzioni da adottare, così come tra i politici e i cosiddetti esperti, scoppiano scintille. La festa di oggi chiede a noi credenti, che ci lasciamo contaminare senza paura dal respiro di Cristo, di non restare impantanati in sterili polemiche, ma anche di non isolarci, di non distanziarci dagli altri, quasi come fossimo persone che hanno altro da pensare o altri obiettivi da raggiungere. Per Luca i credenti sono quelli che hanno dentro il fuoco della Parola (vedi i due di Emmaus o le fiamme come di fuoco posatesi sugli Apostoli), sono quelli scompigliati dal vento che apre tutte le porte perché a ciascuno arrivi il grande racconto delle meraviglie che opera il Dio che ‘soffia ancora’, trasformando la sera del giorno precedente nell’inizio di un giorno completamente nuovo.
E’ Pentecoste! Giù le mascherine, almeno per oggi, non quelle antivirus naturalmente, ma quelle che impediscono allo Spirito di generare in noi una fede libera dai confini di ieri, coltivata con le conoscenze e le competenze di oggi, capace di intravedere le prospettive future, abitata dalla passione per il bene, il bene di tutti, per cui impegnare con entusiasmo tutto se stessi.
Fra’ Mario

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