SAN FRANCESCO D'ASSISI
patrono d'Italia (1182-1226) solennità
MESSALE
SECONDO IL RITO ROMANO
E IL CALENDARIO SERAFICO
LETTURE: Sir 50, 1,3-7; Sal 15; Gal 6,14-18; Mt 11,25-30
Dobbiamo essere semplici, umili e puri
Dalla «Lettera a tutti i fedeli» di san Francesco d'Assisi
(Opuscoli, ed. Quaracchi 1949, 87-94)
Il Padre altissimo fece annunziare dal suo arcangelo Gabriele alla santa e gloriosa Vergine Maria che il Verbo del Padre, così degno, così santo e così glorioso, sarebbe disceso dal cielo, e dal suo seno avrebbe ricevuto la vera carne della nostra umanità e fragilità. Egli, essendo oltremodo ricco, volle tuttavia scegliere, per sé e per la sua santissima Madre, la povertà.
All'approssimarsi della sua passione, celebrò la Pasqua con i suoi discepoli. Poi pregò il Padre dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice» (Mt 26, 39).
Pose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre. E la volontà del Padre fu che il suo Figlio benedetto e glorioso, dato per noi e nato per noi, offrisse se stesso nel proprio sangue come sacrificio e vittima sull'altare della croce. Non si offrì per se stesso, non ne aveva infatti bisogno lui, che aveva creato tutte le cose. Si offrì per i nostri peccati, lasciandoci l'esempio perché seguissimo le sue orme (cfr. 1 Pt 2, 21). E il Padre vuole che tutti ci salviamo per mezzo di lui e lo riceviamo con puro cuore e casto corpo.
O come sono beati e benedetti coloro che amano il Signore e ubbidiscono al suo Vangelo! E' detto infatti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta la tua anima, e il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10, 27). Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e pura mente, perché egli stesso questo ricerca sopra ogni cosa quando dice «I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4, 23). Dunque tutti quelli che l'adorano devono adorarlo in spirito e verità. Rivolgiamo a lui giorno e notte lodi e preghiere, perché dobbiamo sempre pregare e non stancarci mai (cfr. Lc 18, 1), e diciamogli: «Padre nostro, che sei nei cieli» (Mt 6, 9).
Facciamo inoltre «frutti degni di conversione» (Mt 3, 8) e amiamo il prossimo come noi stessi. Siamo caritatevoli, siamo umili, facciamo elemosine perché esse lavano le nostre anime dalle sozzure del peccato.
Gli uomini perdono tutto quello che lasciano in questo mondo. Portano con sé solo la mercede della carità e delle elemosine che hanno fatto. E' il Signore che dà loro il premio e la ricompensa.
Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto semplici, umili e casti. Non dobbiamo mai desiderare di essere al di sopra degli altri, ma piuttosto servi e sottomessi a ogni umana creatura per amore del Signore. E su tutti coloro che avranno fatte tali cose e perseverato fino alla fine, riposerà lo Spirito del Signore. Egli porrà in essi la sua dimora ed abitazione. Saranno figli del Padre celeste perché ne compiono le opere. Saranno considerati come fossero per il Signore o sposa o fratello o madre.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Sir 50, 1.3-7
Francesco come sole sfolgorante rifulse nel tempio di Dio.
Dal libro del Siracide
Ecco chi nella sua vita riparò il tempio, e nei suoi giorni fortificò il santuario. Ai suoi tempi fu scavato il deposito per le acque, un serbatoio ampio come il mare. Premuroso di impedire la caduta del suo popolo, fortificò la città contro un assedio.
Come era stupendo quando si aggirava fra il popolo, quando usciva dal santuario dietro il velo.
Come un astro mattutino fra le nubi, come la luna nei giorni in cui è piena, come il sole sfolgorante così egli rifulse nel tempio di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 15
Sei tu, o Signore, l'unico mio bene.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto a Dio: «Sei tu il mio Signore,
senza di te non ho alcun bene».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena nella tua presenza
dolcezza senza fine alla tua destra.
Seconda Lettura Gal 6,14-18
Il mondo è stato per me crocifisso, come io per il mondo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio.
D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
SEQUENZA
La sequenza è facoltativa, e si può dire anche nella forma breve,
iniziando dalla strofa:
Per le piaghe ...
Prodigi nuovi di santità,
degni di lode, apparvero,
stupendi e per noi propizi,
affidati a Francesco.
Agli iscritti al nuovo gregge
è data una nuova legge,
si rinnovano i decreti del Re,
ritrasmessi da Francesco.
Un nuovo ordine, una nuova vita,
sconosciuti al mondo, sorgono;
la regola emanata ripropone
il ritorno al Vangelo.
Conforme ai consigli del Cristo,
è dettata la regola;
la norma data ricalca
la vita degli Apostoli.
Corda rude, veste dura
cinge e copre senza cura;
il cibo si dà in parsimonia,
son gettati i calzari.
Povertà soltanto cerca,
niente vuole di terrestre;
quaggiù Francesco tutto calpesta:
rifiuta il denaro.
Cerca luoghi solitari,
ove sfogarsi in pianto;
geme per il tempo prezioso
sciupato nel secolo.
In un antro della Verna
piange, prega, prostrato a terra,
finché l’anima è irradiata
di celeste arcana luce.
Là, protetto dalle rupi,
è immerso nell’estasi;
il Serafico alla terra
preferisce il cielo.
E' trattato con rigore,
il corpo si trasfigura;
nutrìto della parola di Dio,
rifiuta ciò che è terreno.
Dall’alto, un Serafino alato
gli appare: è il grande Re;
sbigottisce il Padre,
atterrito dalla visione.
Nelle membra di Francesco,
tutto assorto in orazione,
imprime il Serafino
i segni del Crocifisso.
E’ suggello al sacro corpo:
piagato mani e piedi,
il lato destro è trafitto,
si irrora di sangue.
Si parlano ; gli son rivelati
i segreti celesti;
il Santo li comprende
in sublime estasi.
Ecco chiodi misteriosi,
fuori neri e dentro splendidi;
punge il dolore, acute
straziano le punte.
Non c’è opera di uomo
sulle piagate membra;
non i chiodi, non le piaghe
impresse la natura
* * *
Per le piaghe che hai portato,
con le quali hai trionfato
sulla carne e sul nemico
con inclita vittoria,
O Francesco, tu difendici
fra le cose che ci avversano,
per poter godere il premio
nell’eterna gloria.
Padre santo e pietoso,
il tuo popolo devoto
con la schiera dei tuoi figli,
ottenga il premio eterno.
Tutti quelli che ti seguono,
siano un giorno uniti in cielo ai beati comprensori
nella luce della gloria.
Amen.
Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Francesco, povero e umile,
entra ricco nel cielo,
onorato con inni celesti.
Alleluia.
Vangelo Mt 11,25-30
Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
Per la nostra parrocchia la festa di S. Francesco è solennità, quindi la liturgia domenicale viene sostituita da quella del Santo. La nostra parrocchia è impastata della spiritualità francescana e quest’anno, essendo di domenica, molta più gente ha la possibilità di celebrare questa festa e di ispirarsi a questa spiritualità.
Il francescanesimo è rimasto sempre vivo nei secoli; in crisi in qualche settore, ma risorgente in altre forme sempre nuove. Il perché è anche semplice: per S. Francesco la regola è il Vangelo di Gesù Cristo, quindi non viene mai meno.
IL RESTAURATORE
La liturgia introduce l’ascolto della Parola con un testo che va inserito nel suo contesto. Chi lo ascolta senza avere la possibilità di riferimento al testo biblico rimane un po’ spiazzato.
Il brano del Siracide, che si inserisce nel ricordo dei personaggi illustri, è un elogio del sommo sacerdote Simone. Vengono descritte le opere da lui compiute, la restaurazione del santuario e della città, ma soprattutto viene messa in luce la sua figura ieratica, luminosa, che si distingue tra tutti per la sua importanza.
S. Francesco non emergeva come personalità ufficiale, ma anche lui restaurò la chiesa di Dio, anche lui rifulse per le sua spiccata spiritualità, anche di lui possiamo dire che si aggirava in mezzo al popolo come un astro fulgido.
LE STIGMATE
Un altro aspetto mette in risalto la liturgia: le stigmate.
Il brano della lettera ai Galati è una specie di confessione di Paolo: la sua è una vita crocifissa. La croce è entrata a far parte della sua vita in modo sostanziale; c’è una conformazione al Cristo crocifisso, una immedesimazione. Le stigmate di cui parla, naturalmente, sono i segni di tutte le sofferenze patite a causa di Cristo, che porta sul suo corpo. In greco la parola stigma significa “segno, impronta, marchio”. La sua carne è marchiata dalla croce di Cristo.
Le piaghe del Signore che hanno segnato la carne di S. Francesco hanno preso questo nome e quando noi parliamo di stigmate ci riferiamo a queste.
In realtà queste sono soltanto un segno di ciò che S. Francesco viveva, di ciò che provava quando guardava al Crocifisso, del suo desiderio di immedesimazione totale con le sue sofferenze, tanto da esser chiamato “alter Christus”. E’ sicuramente una delle prerogative di S. Francesco, mai vissute in modo così intenso e mistico prima di lui.
PICCOLO
Il vangelo può essere applicato in modo eccellente alla persona di S. Francesco. In lui tutto parla di piccolezza. Dirà Branduardi “infinitamente piccolo”. Questa strada della ricerca dell’ultimo posto, di far consistere nella piccolezza la vera sequela di Cristo, di considerarsi l’ultimo di tutti è un tratto originale della spiritualità di S. Francesco. E’ quello che ha inciso più profondamente nel rinnovamento della vita religiosa della sua epoca e di ogni epoca. E’ la chiave di lettura della sua vita e del suo carisma.
Il vangelo ci dice che a questi il Padre ha rivelato i suoi misteri, ha permesso di entrare in quella misteriosa relazione di conoscenza che c’è tra il Padre e il Figlio. Direi che è una spiritualità dirompente, perché pone l’uomo nella sua giusta dimensione di fronte a se stesso e di fronte a Dio e spiazza una società che va nella direzione diametralmente opposta. Fa cadere ogni pretesa polemica, ogni opposizione, ogni concorrenza, debella ogni tentativo di scontro. E’un’interpretazione radicale del Vangelo; mette bene in risalto la natura del nostro rapporto con Dio che si riflette nel nostro rapporto con gli uomini. Noi usiamo in genere la parola “umiltà”, ma spesso questa può diventare equivoca. Il Vangelo, evocando la dimensione della piccolezza, ci porta al centro di ciò che S. Francesco ha vissuto. Tutta la sua vita è un elogio della piccolezza.
A questo concetto va associato quello della povertà.
E’ la prima cosa che viene in mente, quando si parla di S. Francesco. Ma anche in questo caso il concetto di povertà può diventare equivoco, come è successo dopo S. Francesco ai suoi seguaci, che oltre a voler esser poveri, hanno utilizzato, strumentalizzato la povertà. Infatti, se questa non è vissuta nella piccolezza, può essere pericolosa e diventare ideologia.
MIO DIO E MIO TUTTO
Il salmo ci introduce ad un altro aspetto della spiritualità di S. Francesco: l’assolutezza del suo rapporto con Dio. Sembra scontato per tutti che Dio sia un assoluto nella propria vita. Ma quando ci addentriamo nel modo con cui questo viene percepito e tradotto in vita concreta ci accorgiamo come per S. Francesco questo diventasse il centro propulsivo della sua preghiera, dei suoi pensieri, dei suoi desideri. Si attribuisce a lui la definizione di “serafico”: “l’un fu tutto serafico in ardore” (Dante). Una vita vissuta in una tensione senza limiti verso Dio, nel quale veniva assorbito totalmente, dimenticando tutto del mondo e di se stesso.
In questo modo ha potuto sperimentare la piena riconciliazione anche con tutto il creato. Immerso in Dio e nel creato in modo totalizzante, in una specie di panteismo ortodosso.
E’ inutile soffermarsi su ciò che S. Francesco può dire al mondo di oggi, che ha smarrito Dio: dice tutto. L’uomo che cerca la pace fra i popoli e con la natura sta facendo uno sforzo immane e rischia di perdere tutto, di fallire nel suo tentativo, proprio perché ha dimenticato Dio.