panor ridotta

5dopopasqua.jpgV DOMENICA DI PASQUA
Anno A


LETTURE: At 6, 1-7; Sal 32; 1 Pt 2,4-9; Gv 14,1-12

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura At 6, 1-7
Scelsero sette uomini pieni di Spirito Santo.

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.
Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola».
Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 32
Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.

Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

Seconda Lettura 1 Pt 2, 4-9
Voi stirpe eletta, sacerdozio regale.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo
Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso».
Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo.
Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.

Canto al Vangelo Gv 14,6
Alleluia, alleluia.
Io sono la via, la verità, la vita, dice il Signore:
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia.

Vangelo Gv 14, 1-12
Io sono la via , la verità e la vita.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».


Questa domenica ci offre più spunti meritevoli di riflessione, che vanno a toccare la vita concreta di ogni credente e della comunità. Sono quelle premesse perenni che in ogni epoca devono trovare la loro collocazione e la loro attualizzazione. 
Pensiamo alla prima lettura, che ci presenta le scelte di una comunità che vive un disagio, che deve fare i conti con gli aspetti meno nobili del convivere, tra egoismi e disattenzioni, tra l’ideale di una condivisione di tutto e la realtà di preferenze mortificanti, che rischiano di affondare gli entusiasmi iniziali, fondati sul precetto dell’amore vicendevole.
E’ una pagina che interroga costantemente la comunità ecclesiale in toto, ma anche le piccole comunità che sono le cellule del grande organismo. Quante lamentele, quanti compartimenti stagno, gelosie e centralizzazioni. La prima comunità insegna, invece, a condividere anche i ministeri, a ricercare le soluzioni che favoriscono la condivisione di tutti i beni, anche quelli spirituali, le competenze e i doni dello Spirito.
Non c’è da meravigliarsi se nascono problemi. C’è da stupirsi se viene meno la vitalità e la creatività che sa trovare soluzioni adeguate e ridare slancio alla comunità.

Ugualmente importante è la seconda lettura, che fa un identikit della comunità cristiana partendo dall’immagine dell’edificio santo, costruito sulla pietra scartata dai costruttori. I credenti diventano pietre vive che insieme a Cristo edificano la chiesa, partecipando al suo sacerdozio.

La riflessione principale verte sul testo del vangelo.
Fa parte dei discorsi che Gesù rivolge agli apostoli dopo l’ultima cena. Uscito Giuda dal cenacolo sembra intensificarsi un’intimità e una confidenza prima più contenuta. Infatti si parla di amicizia, di rivelazione da pare di Gesù del suo amore per i suoi fino a dare per loro la vita e della sua relazione con il Padre; ci sono raccomandazioni che chiameremmo testamentarie: l’amore vicendevole, la fiducia in lui, la testimonianza; c’è la promessa dello Spirito Santo, il Paraclito.
Si respira un’aria carica attesa e di mestizia.
La pericope di oggi prende spunto da una dichiarazione scioccante da parte di Gesù, tanto che deve esortarli a non turbarsi: vado a preparavi un posto. Deve abbandonarli, deve andare altrove.
Possiamo immaginare la sensazione che provoca una dichiarazione del genere in un gruppo che ha fatto sempre riferimento ad una persona che lo ha seguito con ogni sollecitudine, che lo ha compattato, che ha permesso la sua crescita, persone che hanno scommesso sui suoi insegnamenti, che ha promesso cose che non avrebbero mai immaginato. A Cafarnao, quando Gesù dice ai dodici: “volete andarvene anche voi?”, Pietro risponde: “Signore, da chi andremo?”. Abbandonarlo significa sentirsi falliti. Ora è lui che dichiara che deve abbandonarli. “Non sia turbato il vostro cuore”; non sarete abbandonati, basta continuare a credere. E’ una partenza necessaria; va a preparare per loro un posto.
Nel leggere questo testo è necessario un accorgimento: Giovanni non ha di mira la reazione psicologica degli apostoli e non ha per oggetto le loro emozioni, i loro sentimenti. Giovanni approfitta di questo contesto per mettere in risalto qualcosa che rivela ancora più profondamente la vera natura di Gesù. Le domande che gli fanno prima Tommaso, poi Filippo, sono dirette proprio a questo scopo.
«Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?».
La risposta di Gesù tira in ballo tre parole che sono nascoste nel nostro essere più profondo fin dalla nostra venuta nel mondo: Via, Verità, Vita. Chi di noi se non è un superficiale o un alienato non si è mai posto queste domande: qual è lo scopo della mia vita, dove sono diretto, e, se c’è una meta, quale strada devo percorrere per raggiungerla? Oppure: che cosa mi interessa davvero, quali sono i valori che sostengono la mia esistenza; c’è un fondamento che non può deludermi? E infine: in che consiste la mia vita, qual è la sua sostanza, il suo valore, il suo senso; tutto si esaurisce nelle consuetudini, nel conformismo, nel consumare tempo e risorse per sopravvivere, o c’è una ricchezza che supera ogni aspetto transitorio?
Ebbene, Gesù dice: io sono tutte e tre le cose, io sono la risposta; in me si trova la soddisfazione dei desideri più ardui che si possono immaginare.
«Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Un’altra aspirazione cocente per ogni pio israelita era quella della ricerca del volto di Dio. Poterlo conoscere, vederlo a tu per tu, occhi negli occhi. Quanti salmi sono imperniati su questo motivo!
Anche in questo caso la risposta di Gesù è senza ambiguità e nello stesso tempo sconvolgente, tenendo conto che Gesù è un uomo, non è un essere etereo, impalpabile, irraggiungibile. Addirittura si meraviglia che Filippo ancora non lo abbia conosciuto. Lui soddisfa questo desiderio, questa aspirazione di vedere Dio, perché non con il Padre forma una cosa sola, c’è una comunione perfetta tra loro. 
Questo discorso si ricollega a tanti altri interventi simili di Gesù. Nessuno ha mai visto Dio, se non il Figlio e colui al quale il figlio lo voglia rivelare.
La riflessione su questo punto non è astratta, perché chiama in causa proprio la nostra fede, il modo con cui ci poniamo e percepiamo il nostro stare davanti a Dio, mette in discussione quella fuga in una specie di spiritualità senza sostanza, senza concretezza. Dio è e si comporta nello stesso identico modo con cui è e si comporta Gesù. Se incontriamo veramente Gesù in tutte quelle manifestazioni che lui stesso ha incarnato nel vangelo, vediamo il volto di Dio.