panor ridotta

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno C

19toanno cLETTURE: Sap 18,3.6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48

 
LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura  Sap 18, 6-9
Come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te.

Dal libro della Sapienza

La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri,
perché avessero coraggio,
sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
Il tuo popolo infatti era in attesa

della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.
Difatti come punisti gli avversari,
così glorificasti noi, chiamandoci a te.
I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
di condividere allo stesso modo successi e pericoli,
intonando subito le sacre lodi dei padri.  

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 32
Beato il popolo scelto dal Signore.


Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

Seconda Lettura  Eb 11, 1-2.8-19 (Forma breve 11,1-2.8 12)
Aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio stesso.

Dalla lettera agli Ebrei

[ Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. ]
Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

Canto al Vangelo   Mt 24,42.44
Alleluia, alleluia.

Vegliate e tenetevi pronti,
perché, nell’ora che non immaginate,
viene il Figlio dell’uomo.
Alleluia.

Vangelo  Lc 12, 32-48 (Forma breve 12,35-40
Anche voi tenetevi pronti.


Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
[ Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». ]
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».  


Non temere, piccolo gregge.

Esultate, giusti, nel Signore:
ai retti si addice la lode.
Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che si è scelto come erede.

La liturgia della Parola di oggi rischia di frastornarci, più che di concentrarsi, per la sovrabbondanza dei temi che ci presenta, tutti degni di essere presi in considerazione. E’ chiaro che non possono essere commentate adeguatamente in questo contesto.

Partiamo da alcune parole più suggestive e forse considerate meno dottrinali.
Sono quelle con cui inizio la riflessione.

1. Non temere, piccolo gregge.
Quando ci si sente piccoli, in minoranza, di fronte a forze spropositate, la prima reazione è proprio quella del timore, della paura: che possiamo fare di fronte a forze più potenti di noi?
Qui nasce la mistica della piccolezza, che poi trova la sua meravigliosa espressione in S. Paolo, che ci porta addirittura alla considerazione della debolezza di Dio, che è più forte della forza degli uomini e che diventa modello ed emblema del potere dei piccoli e dei deboli di questo mondo.
La tentazione, anche nella Chiesa, dell’efficienza, del numero, del farsi valere secondo la carne, della pressione sugli altri per ottenere certi risultati, rimane sempre forte. Non sarebbe il caso di ripensare certi metodi, di rivalorizzare certi settori che noi chiamiamo deboli della comunità cristiana, ridando fiducia a ciò che sembra non contare e che per lo più rimane nascosto? Non è bene aguzzare la vista per scorgere proprio queste zone sommerse della comunità, che potrebbero insegnarci tanto?
Gesù parla di “piccolo gregge” ed esorta a non temere.
Se ci confrontiamo con le forze del mondo e pretendiamo di espandere il dominio della fede il più possibile, anche con sistemi non del tutto ortodossi, come è successo nella storia, con la giustificazione che il regno di Dio deve espandersi a tutto il mondo, simulando la civitas terrena, ci rendiamo conto di essere sempre perdenti.
Il motivo per cui non si deve temere, secondo Gesù, è un altro: al Padre vostro è piaciuto dare a voi il regno. Una parola sibillina, perché ci possiamo domandare di quale regno si tratta. Ma che contiene certamente una visione universalistica singolare.
E c’è l’altra parola che illustra il pensiero di Gesù: Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Il nostro tesoro è qui, nel possedere, nel dominare, nel farsi grandi, o altrove? E’ nel rispondere a questa domanda che troviamo la nostra collocazione, cioè il Regno.

2. Dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
E’ uno sguardo profondo a quelle forme di identificazione, spesso anche nevrotiche, che si producono, a volte automaticamente, nella vita degli uomini. Qual è dunque il tesoro? Ognuno può esplorare qual è quello a cui attualmente si sente legato e passare in rassegna quanti ce ne sono stati nella vita, che non erano veri tesori; infatti sono svaniti, sono stati corrosi dalla ruggine, o sono stati derubati da altri: il vero tesoro non è esposto a questi rischi.
Per avere questo tesoro Gesù dice che bisogna essere disposti a vendere tutto, cioè a non porre la nostra fiducia in ciò che è passeggero ed effimero, perché quello sostituisce ogni cosa.
In fondo questo è il compito di tutta la vita, perché questo tesoro ci sfugge sempre di mano e non riusciamo sempre a individuarlo e a farlo nostro.
E’ un’operazione semplicissima per chi ha la fede di cui ci parla la seconda lettura, e molto complicata quando ci addentriamo nei meandri della nostra psiche e nell’itinerario di purificazione del nostro sguardo sulle cose del cielo.

3. «Siate sempre pronti: simili a coloro
che aspettano il padrone quando torna dalle nozze».
Il tema della vigilanza è molto presente in tutto il Nuovo Testamento e utilizzato in vari contesti. E’ legato all’aspettativa del ritorno del Signore. In Luca assume una connotazione particolare: il padrone che troverà svegli e vigilanti i suoi servi si farà loro servitore; come a dire che saranno innalzati alla stessa dignità del padrone.
La precisazione che richiede Pietro dà al Signore l’opportunità di entrare in un ambito che noi oggi chiameremmo ecclesiale, dove viene messa in risalto la responsabilità degli amministratori e il rischio di sentirsi padroni e di spadroneggiare (Cfr 1Pt 5, 1-4).
La conclusione è illuminante: “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Un ammonimento che non solo non dovrebbe farci dimenticare che siamo in attesa del Signore, quindi il tempo che viviamo è in funzione di questo momento, non ha un valore assoluto, ma anche che abbiamo una responsabilità e dobbiamo rendere conto; perché quello che abbiamo non è nostro e quindi gestibile a nostro piacimento, ma ci è stato dato e quindi ce ne sarà chiesto conto.

Mentre la tua Chiesa, Signore,
è in cammino
in cerca della città futura
deve amministrare
la multiforme grazia
che le hai messo in mano.
Spesso si è adagiata
sulla comodità
e sulle crapule
in cerca di se stessa,
dimenticando l’attesa.
E noi oggi?

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