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II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIOAnno B

LETTURE: 1 Sam 3,3b-10.19; Sal 39; 1 Cor 6,13c-15a.17-20; Gv 1,35-42

MESSALE
 
LITURGIA DELLA PAROLA

   
Prima Lettura  1 Sam 3, 3b-10. 19
Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.


Dal primo libro di Samuèle

In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio.
Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. 
Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.
Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"».Samuèle andò a dormire al suo posto.
Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».
Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
   
Salmo Responsoriale  Dal Salmo 39

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

   
Ho sperato, ho sperato nel Signore,

ed egli su di me si è chinato,

ha dato ascolto al mio grido.


Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,

una lode al nostro Dio. 


Sacrificio e offerta non gradisci,

gli orecchi mi hai aperto,


non hai chiesto olocausto
né sacrificio per il peccato.

Allora ho detto: «Ecco, io vengo». 


«Nel rotolo del libro su di me è scritto

di fare la tua volontà:


mio Dio, questo io desidero;

la tua legge è nel mio intimo». 


Ho annunciato la tua giustizia

nella grande assemblea;

vedi: non tengo chiuse le labbra,

Signore, tu lo sai.  
    
Seconda Lettura  1 Cor 6, 13c-15, 17-20
I vostri corpi sono membra di Cristo. 
 


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. 
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impurità, pecca contro il proprio corpo. 
Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
 
Canto al Vangelo Gv 1,41.17b

Alleluia, alleluia.

«Abbiamo trovato il Messia»: 

la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.
Alleluia.
  
Vangelo  Gv 1,35-42
Videro dove dimorava e rimasero con lui.

Dal vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbi - che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui: erano circa le quattro del pomeriggio. 
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa», che significa Pietro. 
   


Per entrare con maggiore consapevolezza nella liturgia di oggi è necessario tener presenti alcune cose.
Primo: alla solennità dell’Epifania hanno sempre fatto seguito due domeniche dedicate allo sviluppo dello stesso tema della manifestazione del Signore; la prima domenica dedicata al Battesimo di Gesù, la seconda alla manifestazione di Gesù ai suoi discepoli, che credono in lui. Prima della riforma liturgica in questa domenica si leggeva tutti gli anni il racconto delle nozze di Cana; con la distribuzione delle letture in tre anni si sono aggiunti altri testi riguardanti sempre il riconoscimento dei discepoli della messianicità di Gesù.
In questo anno leggiamo quella straordinaria narrazione dell’incontro di Gesù con i primi discepoli. Un testo che si inserisce nella testimonianza di Giovanni Battista su Gesù, e ci fa conoscere anche quale fosse la relazione di Gesù con Giovanni. Peccato che il testo di oggi non comprenda la testimonianza di Giovanni, che riassumiamo.
Giovanni attesta che non lo conosceva; aveva però ricevuto l’invito a leggere un segno inequivocabile: la discesa dello Spirito Santo su di lui al momento del battesimo. Giovanni dice che è stato mandato a battezzare perché fosse fatto conoscere (manifestare, in greco) a Israele. Ma di che tipo di conoscenza parla Giovanni? Infatti, questo non esclude che lo conoscesse come uomo e come cugino già in precedenza. Giovanni ora lo conosce come colui che battezza in Spirito Santo; così gli era stato rivelato. E’ chiaro che si tratta della conoscenza della vera identità di Gesù, che viene proposta con una espressione sintetica, ma di grande contenuto: “ecco l’agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”.
Rimanere-dimorare
Questi due verbi sono molto cari a Giovanni e sono intercambiabili. Nel vangelo li usa tantissime volte. Nel brano del vangelo che precede quello che leggiamo oggi troviamo: «Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo».
Lo Spirito santo “rimane” in Gesù, prende dimora in lui, non lo abbandonerà più. C’è una specie di inabitazione, noi diremmo oggi, di simbiosi.
Poi quando Giovanni indica ai due discepoli Gesù che passa, la loro domanda suona così: «Rabbi - che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?». La traduzione più comprensibile per noi sarebbe quella della traduzione della Bibbia precedente, cioè “dove abiti”. La nuova traduzione ha voluto usare questo verbo, per la sua pregnanza, per i richiami e le rievocazioni che suscita. A questo proposito, però, bisognerebbe leggere tutto il Vangelo di Giovanni. Poi troviamo i due verbi congiunti: videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui.
Il riferimento potrebbe sembrare semplicemente storico; infatti dice che erano le quattro del pomeriggio. Questa precisazione, però, l’ora che viene ricordata con tanta lucidità, conferma quello che pensa Giovanni: rimanere con Gesù, rimanere in lui, rimanere nel suo amore.
La risonanza
I primi due discepoli erano andati dietro a Gesù per aver sentito le parole del Battista; mossi da curiosità o da vero desiderio di conoscenza del personaggio? O perché avevano intravisto in lui qualcosa di non abituale, di non ordinario? Sta di fatto che rimasero talmente impressionati e conquisi dalla persona di Gesù, che il loro entusiasmo non poté essere contenuto. Il giorno dopo, infatti, uno dei due, Andrea (chi era l’altro? Il fatto che viene taciuto fa pensare a Giovanni, che nel vangelo non fa mai il proprio nome) incontra il fratello Pietro e se ne esce con una dichiarazione un po’ esaltata: «Abbiamo trovato il Messia». Difficile dire quanta cognizione precisa avesse di questa affermazione. Comunque questo sta a significare che se non si è scoperto qualcosa che entusiasma e fa vivere esperienze coinvolgenti non è possibile trasmettere nulla agli altri; non nasce il bisogno di far vivere agli altri quello che abbiamo vissuto noi.
L’incontro con Pietro è colorito e arguto. Gesù fissa lo sguardo su di lui. Quante volte Gesù ha un atteggiamento simile, in occasioni cruciali; Gesù vede dove gli altri non riescono a penetrare, vede in profondità e lontano. Nello stesso tempo si mette in risalto, come anche in questo caso in altre occasioni, l’arguzia e l’umorismo di Gesù: appioppa dei soprannomi, che mettono in risalto quegli aspetti che colpiscono nel segno. Nel soprannome “Cefa” è già contenuto tutto un programma. La traduzione esatta di “Cefa”, per sfuggire all’abitudine di considerarlo ormai un nome proprio, cioè Pietro, sarebbe “Roccia”. E sappiamo a che cosa si riferiva Gesù.
Così questo primo incontro mette subito in risalto che tra Gesù e i discepoli nasce un rapporto di simpatia e empatia, di scambio di idee e di sentimenti; il rapporto autentico che soggiace ad ogni amicizia.
Nella teologia e nella spiritualità mistica le parole “abitare”, “dimorare”, “rimanere”, “essere in”, occupano un posto privilegiato. Non cercare Dio fuori di te, perché lui abita in te, nel fondo del tuo essere. Giovanni e Paolo sono la fonte principale di questa spiritualità. La riflessione successiva, da S. Agostino in poi non farà altro che modulare per i diversi tempi e contesti culturali queste linee guida.
Non esiste spiritualità vera senza immergersi in questo mare senza confini.
Se ci domandiamo in che modo impostiamo la nostra vita cristiana, forse facciamo riferimento più a delle pratiche, delle osservanze, dei riti, che non a questo mondo interiore che ne costituisce la ragione e la significazione. D’altra parte lo sappiamo bene come nella formazione cristiana questa dimensione è sottovalutata. Oggi più che mai si corre il rischio di identificare il vero cristiano con il “fare”, adoperarsi per migliorare il mondo, la carità intesa spesso come attivismo, ecc. Ma se tutto questo non è sostanziato da questa interiorità, si cade in una specie di filantropia e umanesimo indistinguibile dalla fede.
In questi giorni Papa Francesco diceva ai sacerdoti: non mettete fretta ai fedeli raccolti in silenzio a Messa. E’ in quel feeling tra noi e Cristo che si gioca la salvezza nostra e quella degli altri.